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Igor Zaniolo, il ribelle che non conobbe mai la Serie A

Se Nicolò Zaniolo gioca già da veterano in A, il padre Igor non ha mai potuto provarne l’ebbrezza. Ha dovuto sudarsi una carriera da bomber di provincia, non rinunciando mai al suo carattere da duro a costo di mancare l’appuntamento con la Serie A.

Di questi tempi il nome di Nicolò Zaniolo ricorre sulla bocca di molti appassionati di calcio che, partita dopo partita, rimangono impressionati dalle sue doti tecniche. Dalla maturità agonistica di un ragazzino che ad appena diciannove anni si è già impossessato del centrocampo della Roma scrivendo pagine importanti in Serie A. Come il gol realizzato contro il Sassuolo, a Santo Stefano, dopo un fuga sulla fascia destra e dopo aver pietrificato Gian Marco Ferrari prima di “castigare“ con un tocco sotto il portiere neroverde Federico Consigli. Il primo gol di Zaniolo in A è tutto qui: grado di difficoltà elevato che solo la straordinaria predisposizione del talento di Massa ha reso “naturale”. Una rete che avrà bagnato gli occhi di suo padre che come lui di mestiere faceva il calciatore ma che a differenza sua, la Serie A, l’ha solo sognata. Un padre che ha segnato con tante maglie in categorie diverse. Un padre che giocava qualche metro più avanti, al centro dell’attacco e che si chiama Igor.

Zaniolo padre inizia a muovere i primi passi come calciatore nelle giovanili della Sampdoria, squadra della sua città, ma la sua carriera da professionista parte dal vicino Piemonte. Nel 1992 è un giocatore dell’Alessandria in C1 e con i grigi conosce la gioia della prima marcatura da pro. È il 14 marzo 1993, al Castellani di Empoli i piemontesi sfidano i padroni di casa, non è una partita come le altre. All’andata, infatti, un duro contrasto del grigio Devis Tonini provoca a un giovane Vincenzo Montella la frattura al perone e gli empolesi sono decisi a vincere anche per l’aeroplanino. Ne esce una partita maschia, con interventi ai limiti del regolamento favoriti anche da un arbitraggio rivedibile. Della confusione del match ne approfitta il giovane Zaniolo che, entrato in campo nel secondo tempo, si fa trovare al posto giusto quando Giacomo Banchelli gli recapita sui piedi il pallone dell’1-1 che è solo da spingere in porta. E poco importa se l’azione è viziata da una sospetta posizione di fuori gioco, l’arbitro, tra le proteste dei locali convalida. È il primo gol nel calcio che conta e nemmeno il cartellino rosso rimediato nel finale – prima avvisaglia del carattere focoso del ragazzo – e la sconfitta della sua squadra possono spazzare via questa gioia.

Nel proseguo della stagione per Zaniolo ci saranno altri spezzoni ma non conoscerà più la gioia del gol, tuttavia verrà confermato anche nella stagione successiva. La partenza del bomber Banchelli però non è la garanzia del posto da titolare e l’attaccante genovese dovrà accontentarsi di chiudere la stagione con una sola rete all’attivo, naufragando insieme con la squadra che, dopo i play-out, retrocede in C2. Per Zaniolo è il momento di cambiare aria. In estate si accorda con la Crevalcore, compagine di C1, ma il cambio non sortisce l’effetto sperato: il ragazzo gioca ancora meno e non riesce mai ad andare in rete. È tempo di fare un passo indietro, ripartire dalla Serie D. Così l’attaccante cambia regione e città e si trasferisce ad Aosta dove, con la maglia della squadra cittadina, trova presenze e gol: con i rossoneri scende in campo 20 volte per un totale di 5 reti. Tutto sembra andare a gonfie vele, fino al 24 marzo 1996, una data fatidica e che in qualche modo segna la carriera di Zaniolo.

All’Arena Garibaldi di Pisa va in scena lo scontro al vertice del girone A tra Pisa, prima, e Aosta, seconda: la partita è nervosa e a risentirne è soprattutto Zaniolo che, forse non abituato alla pressione di oltre 7.000 pisani, commette un fallo dietro l’altro finché non viene cacciato dal campo. Espulso. Ma nell’abbandonare il terreno di gioco succede il fattaccio: il centravanti con una violenta testata colpisce al volto il difensore del Pisa Davide Lucarelli. È un attimo: la polveriera dell’Arena Garibaldi esplode in una rissa che coinvolge calciatori e dirigenti e porta ad altre espulsioni. Il match termina 0-0, ma per l’attaccante dell’Aosta sono sei i mesi di squalifica comminati dal giudice sportivo. Significa la fine del campionato ma soprattutto, come rivelerà lo stesso Zaniolo anni dopo, questo gesto gli costa il tesseramento con l’Inter.

Il gesto follo di Zaniolo in Pisa-Aosta

L’estate del 1996 è ancora una volta anno zero, il fatto di Pisa è un’ombra pesante su un ragazzo di 23 anni che scoraggia eventuali estimatori. Così, il centravanti decide di tornare nella “sua” Liguria e accetta la proposta della Sanremese. Un’ultima chance per provare a rilanciarsi nel calcio che conta: la squadra è competitiva e sotto le mani di mister Luigi Chichero ci sono tutte le premesse per un campionato di vertice. In effetti questo avviene: la Sanremese chiude il campionato al quarto posto nel girone A del C.N.D., ma soprattutto è la stagione dell’affermazione, questa volta senza macchia, di Igor Zaniolo. L’attaccante va in doppia cifra per la prima volta in carriera, chiudendo il campionato con 11 realizzazioni. Dall’inferno al paradiso, il passo è lungo poco più di un anno.

Le buone prestazioni con la maglia della Sanremese rialzano le quotazioni di Zaniolo che finisce nei radar dello Spezia, società ambiziosa e vogliosa di risalire la china dopo la retrocessione in C2. Il matrimonio va in porto e, a poco a poco, inizia un rapporto tra i più significativi della storia recente degli aquilotti. Con la maglia bianconera, l’attaccante sembra finalmente aver trovato la giusta dimensione e soprattutto esser riuscito a canalizzare positivamente il suo furore agonistico: Zaniolo rimane il guerriero di sempre, il primo a non tirarsi indietro quando c’è da fare sportellate, talvolta al limite del regolamento ma mai oltre come quel pomeriggio a Pisa. Partita dopo partita, diventa l’idolo del Picco, anche se non segna così tanto, ma è il suo atteggiamento che trascina il reparto, la squadra e accende l’orgoglio spezzino. Zaniolo è il classico centravanti di categoria, abile nella manovra e capace, sfruttando un fisico ormai formato, di farsi valere nel gioco aereo facendo salire la squadra.

A La Spezia rimane per quattro stagioni collezionando 104 presenze e 34 gol, 13 dei quali segnati nel campionato 1999-2000 che gli valgono la palma di capocannoniere della squadra e la soddisfazione della vittoria finale con la conseguente promozione in C1. Un periodo nel corso del quale ritrova più volte il Pisa e i suoi tifosi con i quali ha ancora un contenzioso aperto. Quando succede è sempre un giorno da bollino nero. Come il 23 novembre 1997 quando per via delle minacce ricevute è costretto a farsi scortare dalla Digos dall’autobus della squadra al terreno di gioco del Garibaldi. Cose d’altri tempi. Anche e soprattutto per questo il gol realizzato al Picco, sotto la curva Ferrovia, il 25 settembre 2000 contro il Pisa non è uno dei tanti, ma ha il sapore che ebbe la mano de Diós di Maradona a Messico ’86. Quel simbolico potere di ripagare a un torto. El Diego in gol contro l’Inghilterra della Thatcher e della guerra delle Malvinas, Zaniolo contro il Pisa e i suoi tifosi che l’avevano preso a bersaglio nel parapiglia di quattro anni prima. Differenti contesti, differente peso, d’accordo, ma Zaniolo un po’ come Maradona quando scende in campo si trasforma: non esistono più amici e la partite diventano battaglie che hanno strascichi lunghi, ben oltre le due aree di rigore.

Igor Zaniolo con la maglia dello Spezia

Nonostante il temperamento vulcanico, Zaniolo attira l’attenzione di diverse squadre che vedono nell’ariete genovese il terminale offensivo ideale per alzare la “garra” nel reparto avanzato. Nell’estate del 2001 si fanno avanti Chievo e Perugia, entrambe in A, ma le maggiori possibilità di un posto da titolare e la voglia del giocatore di provare un’esperienza al Sud, fanno sì che il centravanti scelga di accettare la proposta del Cosenza in Serie B. Comunque la si veda per Zaniolo è uno scatto di carriera e la scelta si rivela azzeccata. In Calabria rimane soltanto una stagione ma è la migliore da quando ha indossato gli scarpini da calcio. Sotto la guida di Luigi De Rosa prima ed Emiliano Mondonico poi, il bomber va in gol ben 13 volte e diventa determinante per la salvezza dei Lupi. Tanti gol alla sua maniera, esteticamente non esaltanti, ma terribilmente pesanti. D’altra parte da uno come Zaniolo non ci si aspetta la giocata di fioretto ma che infili la palla in rete anche con il fondoschiena se necessario. Per questo tra i gol con la maglia rossoblù quello nella sconfitta con la Salernitana rimane scolpito nella memoria dei tifosi cosentini. Perché è un gesto atletico superbo seppur lontano dallo stile di Zaniolo ma istintivo come lui. È una semirovesciata che lascia il San Vito a bocca aperta. Quel cross che arrivava dalla destra imprendibile per tutti tranne che per il panzer genovese che si lancia verso il cielo, dimenticando per un istante la sua natura ma trasformandosi in un funambolo capace di compiere la deviazione volante decisiva.

Il gol in acrobazia di Zaniolo contro la Salernitana

La strepitosa stagione con i Lupi non sfugge a Lillo Foti, sempre alla ricerca di nuovi nomi per rinforzare la sua Reggina fresca di promozione in A, così dopo aver regalato ai tifosi amaranto il talentuoso giapponese Nakamura pensa a un altro colpo: Igor Zaniolo. L’entourage reggino si muove e stringe un accordo di massima con il Cosenza, ma si dimentica di fare i conti con la volontà del giocatore che non sembra convinto del progetto. Lillo Foti in primis insiste per convincerlo a rimanere in terra calabra, ma non c’è nulla da fare. L’attaccante respinge ogni offerta tanto da arrivare a far infuriare il patron reggino che, dopo l’ennesimo rifiuto, dirà a Zaniolo che la sua famiglia sarà sempre benvenuta a Reggio Calabria ma lui no. Troppo pesante è l’onta subita. Così, dopo i pisani, Zaniolo si è fatto un altro nemico e, dopo quello del Chievo e del Perugia, quello reggino è il terzo treno per la A perso. Non sarà l’ultimo. Declinata l’offerta reggina, il giocatore si accasa alla Ternana: sarà una stagione in chiaroscuro, tante presenze ma pochi gol.

Così nell’estate del 2003 Zaniolo è ancora sul mercato. Si fa avanti il Messina del presidente Franza, c’è da rimpiazzare l’addio di uno degli idoli dei tifosi peloritani: Riccardo Zampagna. Un vuoto importante che la società siciliana ha pensato di riempire con una batteria di attaccanti nuovi di zecca: Tomas Guzman, Fabio Artico e soprattutto Arturo Di Napoli. Per Zaniolo c’è da sgomitare soprattutto quando, nel mercato invernale, arriva un bomber di categoria superiore El Pampa Roberto Sosa. Ma Zaniolo riesce a ritagliarsi il suo spazio contribuendo alla storica promozione in A del Messina con 5 reti ma soprattutto diventando partner prediletto di Arturo Di Napoli, capocannoniere della squadra e trascinatore assoluto. Una bella soddisfazione insomma per uno che la Serie A l’aveva mancata per tre volte, stavolta sembra quella buona: la Massima Serie è lì pronta a tingersi del giallorosso del Messina. Invece la storia ci racconta di un nuovo cambio di traiettoria: la parabola calcistica di Zaniolo devia verso Nord, non troppo per la verità, e si ferma a Salerno.

Qui trova la Salernitana nell’ultimo anno della gestione Aliberti: una squadra allestita per un campionato senza sorprese in attesa di conoscere il proprio futuro. Nella rosa ci sono giovani di prospettiva come Raffaele Palladino e Maurizio Lanzaro e vecchie volpi come Massimo Borgobello e Raffaele Longo, ma il campionato mostra subito i limiti di una compagine troppo distratta dalla beghe societarie. Dopo l’inizio problematico, con l’esonero del tecnico Ammazzalorso e l’arrivo di Vittorio Gregucci, le cose sembrano migliorare e la Salernitana riesce, trascinata dai gol di Palladino, – altra spalla d’attacco di Zaniolo – a rimanere agganciata al treno salvezza. Un convoglio che passa per la stazione dell’Arechi il 5 giugno 2005 ma per salirci bisogna battere l’Ascoli della coppia Giampaolo-Silva in piena lotta per la promozione. Salerno è un punto granata nella mappa della Campania, la città è uno sventolare di bandiere con il simbolo del Cavalluccio e lo stadio Arechi è l’area chiassosa di una battaglia da vita o morte. I padroni di casa hanno un solo risultato a disposizione: vincere. Lo fanno nella maniera più difficile possibile. In rimonta. Sono, infatti, gli ascolani a portarsi in vantaggio con una rete di Colacone all’ottavo che gela lo stadio, ma non spegne il fuoco dei granata che, nel giro di due minuti, ribaltano il risultato. Due lampi che segnano il cielo e lasciano negli occhi un solo nome Igor Zaniolo. Nell’azione del pareggio è suo l’assist per il gol del giovane Palladino, il prologo dell’azione che decide la partita e la stagione. Pochi attimi più tardi infatti c’è un cross dalla sinistra: Zaniolo appostato al centro dell’area addomestica la sfera con un poderoso controllo di petto che evita l’intervento dei due difensori avversarsi e permette all’attaccante di portarsi il pallone all’altezza giusta per eseguire una mezza rovesciata che stecchisce il portiere. È gol, il quinto stagionale per l’attaccante, il più importante: in quel momento che sia anche bello non importa, troppo grande è il suo valore.

Salernitana-Ascoli, una partita che vale una stagione.

Un valore che però non servirà per la riconferma a Salerno: per Zaniolo è tempo di un altro giro di valzer, più a Nord ancora, verso la Liguria e la sua Genova. Questa volta la sponda è quella rossoblù del Genoa, chiamato alla risalita in B dopo la retrocessione d’ufficio in seguito alla combine nella vittoria all’ultimo turno con il Venezia che valse la gioia effimera della A. Non è un trasferimento qualsiasi perché tra Spezia e Genoa non corre buon sangue da sempre e perché nella stessa sessione di mercato anche gli Aquilotti avevano offerto un biennale a Zaniolo che preferì la proposta più vantaggiosa di Preziosi. Il Genoa offriva il doppio dell’ingaggio e inoltre era disposto a pagare il Messina non chiedendo lo svincolo. L’operazione va di traverso a più di qualche tifoso spezzino che interpreta come un tradimento la scelta del bomber. Dopo i pisani, dopo Lillo Foti, Igor il ribelle fa arrabbiare anche gli spezzini. Solo contro tutti ma verso un nuovo obiettivo. La sorte, o il destino se preferite, ha scritto il resto della storia. Il Genoa nonostante un organico fuori categoria con giocatori come Giovanni Tedesco, Marco Rossi o il serbo Ivica Ivic non riesce a togliersi dal pantano della Lega Pro ed è costretto ad accontentarsi del secondo posto. Il campionato, ironia della sorte, va allo Spezia; il Genoa è costretto alla roulette dei play-off. La semifinale per Zaniolo è un altro incontro ravvicinato con il passato: c’è la Salernitana. I liguri la spuntano, nonostante la sconfitta patita a Salerno, per miglior posizionamento nella regular season e si guadagnano la finale con il Monza. È l’ennesimo snodo decisivo nella carriera di Zaniolo, è l’ultima occasione per lasciare il segno anche con la maglia del Genoa, dopo una stagione in chiaroscuro. Anche stavolta il centravanti arriva puntuale con l’appuntamento con la storia, la sua storia. L’appuntamento è allo stadio Brianteo, al minuto 55 della gara di andata. Marco Rossi scende sulla destra in una delle sue celebri progressioni e mette in mezzo un pallone verso l’ariete Zaniolo che, senza pensarci due volte, si avventa sulla sfera con tutta la forza che ha e, giusto dopo aver aspettato il suo rimbalzo, carica un destro che non lascia scampo al portiere avversario. È la rete che sblocca il match e manda in orbita il Genoa, tirando la volata alla seconda realizzazione di Iliev che fissa il risultato finale sul 2-0 e rende inutile il blitz brianzolo al Marassi, una settimana più tardi.

Il gol di Zaniolo, decisivo per il Genoa

Per i tifosi genoani è festa grande, un anno dopo la delusione della Serie A farlocca: è il momento di stringersi attorno agli eroi di questa impresa. Tra questi vi è anche un ragazzo nato a Genova, cresciuto nelle giovanili del Doria e diventato calciatore vero nello Spezia. Un ragazzo che la Serie A non l’ha mai vista ma l’ha sfiorata tante volte. Un ragazzo che è padre di un bambino che si chiama Nicolò, ama quel pallone che non si può giocare con le mani e che qualche anno più tardi riuscirà a salire sul treno che suo padre aveva perso troppe volte.

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6 thoughts on “Igor Zaniolo, il ribelle che non conobbe mai la Serie A

  1. Bell’articolo, solo un appunto, la seconda squadra di Zaniolo è IL crevalcore, non LA crevalcore. Squadra che l’anno precedente giocò uno storico derby in C1 contro il bologna, prima è unica volta nella storia

  2. Precisazioni: Nicolò non è di Massa ma di Spezia. Igor a Spezia è nel cuore di tutti , solo alcuni che si contano sulle dita di una mano hanno considerato un tradimento il passaggio al Genoa. Grazie

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