Foto by Gazzetta di Reggio

Matteo Pelatti: dall’esordio con Sacchi ai gol in Serie C. Storia di un centravanti “normale”

Non sappiamo perché certi nomi rimangono in testa senza un apparente perché, ma accade spesso. Ci è successo anche con Matteo Pelatti, attaccante di Scandiano, Reggio Emilia. Perché proprio con lui? Probabilmente perché ricordiamo il suo esordio in A, a soli 19 anni, il 25 maggio 1997, in un Vicenza-Milan con i rossoneri sotto di un gol. Viene mandato in campo all’inizio del secondo tempo al posto di Marcel Desailly in un tentativo di ribaltare la partita. Non succede, anzi il Diavolo incassa una seconda rete a suggellare una stagione che verrà ricordata come una delle peggiori della storia del club. Ma che importa, Matteo, arrivato dalla primavera, è lì insieme a campioni come Paolo Maldini, Franco Baresi, Zvonimir Boban. Gente che aveva reso grande il Milan e scritto pagine importanti della storia del calcio. Poco più di trequarti d’ora ai quali si aggiungono i tredici minuti giocati, una settimana più tardi, all’ultima con il Cagliari. Ancora a marcare una presenza; a dire io c’ero.

Vicenza-Milan del 25 maggio 1997

Il dado è tratto, ma lui è ancora troppo acerbo per la A, così il Milan, che vede in lui un prospetto interessante, lo manda in prestito al Como: la categoria è la C1. La rosa lariana è un bel mix di gioventù ed esperienza: in attacco, insieme al vecchio bomber (ex Pisa e Fiorentina) Luca Cecconi, c’è il promettente Fabio Vignaroli, mentre a centrocampo la regia è a panneggio di Omar Milanetto. Tuttavia sarà un campionato mediocre: il Como presieduto da Enrico Preziosi cambia quattro volte allenatore e alla fine non va oltre un anonimo decimo posto. Per Pelatti è comunque un anno di crescita: a fine stagione i suoi gettoni sono 13 e i gol segnati 2. Il suo cartellino rimane del Milan, ma lui viene mandato ancora in prestito: sempre in C1. Lo spostamento è soltanto di qualche centinaio di chilometri verso Est, verso Reggio Emilia, le sue zone. La città è nota per i film in bianco e nero di Don Camillo e Peppone. È Brescello, provincia reggiana, che a livello calcistico in quegli anni è al massimo dello splendore: due anni prima era giunto secondo nel girone A della C1, due stagioni più tardi arriverà addirittura alla finale play-off per salire in B. Qui il centravanti rimane per due stagioni inframezzate da un passaggio di sei mesi al Sassuolo, all’epoca in C1. Gioca con continuità anche se le reti sono ancora poche, solo 5 in oltre quaranta presenze. Ma il ragazzo è ancora giovanissimo e avrà tempo per farsi notare. La sensazione è che manchi davvero poco, pochi passi che equivalgono alla distanza che intercorre tra Brescello e Prato. Sono chilometri che corrispondono anche a una discesa di categoria. Stavolta è il girone A della C2, ma la “retrocessione” vale una consacrazione. Dopo un girone d’andata con più ombre che luci, con solo due reti all’attivo, il ritorno prende tutt’altra piega. Da oggetto misterioso Pelatti diventa punto fermo dell’attacco toscano e idolo dei tifosi lanieri. In campionato trova la via della rete ben otto volte, centrando anche due doppiette contro Maceratese e Russi e si rende protagonista anche nei play-off persi contro il Chieti. È lui infatti a siglare la rete del vantaggio pratese nella sfida casalinga d’andata, finita uno a uno. Un rasoterra che batte il portiere avversario è che vale il dodicesimo centro stagionale. Sì perché un altro gol il centravanti l’aveva messo a segno un mese prima in una partita che è entrata nella storia del club. È il 25 aprile e la partita in questione è la finale d’andata della Coppa Italia di Serie C. A Prato arriva il Lumezzane, compagine di C1 e tecnicamente più dotata: il doppio confronto, ma anche il match del Lungobisenzio sembrano aver già una trama scritta. Cronaca di una morte annunciata, avrebbe detto Gabriel García Márquez. E invece, ancora una volta, il pallone decide che è il momento di cambiare direzione. Era già successo in quella stessa edizione del torneo contro squadre più blasonate: Livorno, Pisa, Brescello. Tutte vittime dei bianco azzurri di Vincenzo Esposito. Così i padroni di casa, soliti underdog, riescono a combinare uno scherzo anche ai lombardi: la gara d’andata finisce 2-1 per i pratesi. Un risultato che arriva anche grazie al gol di Pelatti abile nello sfruttare un assist di Desole che gli permette di trovarsi in condizione giusta per aggirare il portiere ospite e far esultare gli oltre 2000 spettatori presenti. È la rete del pareggio momentaneo, dopo che il Lumezzane aveva tramortito i padroni di casa con il vantaggio di Marco Ghizzani in apertura di gara. Al 65° il Prato si porta avanti grazie ad Alessandro Brunetti e può andare a Lumezzane a giocarsela. In Lombardia il fortino allestito da Esposito resiste e addirittura contrattacca, portando a casa addirittura la vittoria. Segna Nicola Padoin e la favola del Prato ha finalmente una lieta conclusione. La Coppa Italia di Serie C è sua, è la prima della storia, una delle poche conquistate da una squadra di C2. Una cavalcata emozionante che vede magnifico protagonista Pelatti, passato in pochi mesi da brutto anatroccolo a cigno. Di lui si apprezzano non solo le reti ma anche il suo spirito di sacrificio e l’attaccamento alla maglia.

La stagione toscana non passa inosservata e così, il Milan, che detiene ancora il cartellino, lo manda in prestito nuovamente in C1, questa volta a due passi da Milanello: Pelatti passa al Monza.  Comodo per essere chiamato alla base insomma. Ma la stagione 2001-2002 dei brianzoli è un disastro: la panchina è un porto di mare e la squadra ne paga le conseguenze. Si parte con Simone Boldini, poi dalla decima giornata gli subentra Romano Cazzaniga per la miseria di sei partite. È il turno del ritorno di un ex Roberto Antonelli che prova a raddrizzare la baracca ma desiste dopo solo 5 partite, tocca di nuovo a Cazzaniga che, ironia della sorte, non finisce la stagione. Gli ultimi 5 turni di campionato, sono un ritorno al futuro con Boldini di nuovo in sella. Un calvario che non poteva non trovare naturale risoluzione nella retrocessione finale. Ultimo posto. Per Pelatti una manciata di partite e una sola rete, il punto dell’1-1 al Brianteo contro lo Spezia, una squadra che tornerà a intrecciarsi con la parabola calcistica dell’attaccante. È il sei gennaio 2002, ma poco dopo aver rotto il ghiaccio Pelatti finisce nel tritacarne della confusione brianzola e viene ceduto al San Marino, ancora in C2, ancora in prestito. Sarà la vicinanza a casa, sarà la C2, fatto sta che il ragazzo ritrova dimestichezza con il gol e con i meccanismi della nuova squadra. Le marcature saranno quattro, ma il suo apporto in fase di manovra è imprescindibile per i sanmarinesi. Finisce la stagione e inizia il calciomercato: Pelatti è a metà tra Milan e Monza, la spunta quest’ultima che diventa proprietaria dell’intero cartellino. È la fine del sogno rossonero durato poco meno di un’ora ma che l’ha cullato per un quinquennio, il centravanti d’ora in poi dovrà fare da solo. Venuto meno il peso del Diavolo, Pelatti sembra giocare con più spensieratezza, senza l’assillo di dover dimostrare qualcosa. Gioca in coppia con Davide Sinigaglia, un’altra bella speranza del panorama meneghino, – lui di scuola Inter – e torna a farsi valere in area. Otto centri alla fine della stagione che per i brianzoli si conclude con un anonimo sesto posto ma per il centravanti equivale al rilancio.

Si fa sotto il Giulianova che gioca in C1, Pelatti non aspetta altro così nell’estate 2003 lascia la Lombardia per la riviera abruzzese. Il Giulianova è una buona squadra, un bel compromesso tra giovani e giocatori più esperti: in rosa c’è gente come, l’ex Bari, Davide Olivares o il difensore Massimo Tangorra e ragazzi vogliosi di mettersi in mostra come Giuseppe Cozzolino e Gianni Munari. La stagione racconta di un onesto campionato di metà classifica: Pelatti è impiegato in pianta stabile i suoi 183 centimetri sono preziosi nello scardinare le difese avversarie anche se i gol non sono molti. Appena, 5 sufficienti a farlo diventare il miglior marcatore di una squadra quadrata che fatica a trovare la via della rete, ma che non bastano per garantirgli la riconferma. Dovrà scendere ancora di categoria, ripartire dalla C2 e da una nuova città: Sanremo. La scelta si rivela azzeccata: con i bianco azzurri riesce per la seconda volta in carriera a raggiungere la doppia cifra per gol segnati. Sono 12 le volte in cui esulta in una stagione che per i sanremesi si conclude con un dignitoso sesto posto nel girone A. È l’ennesima stagione della rinascita per il bomber di Scandiano che, ormai ventottenne, torna a esser un nome di primo piano del mercato di C. Se lo assicura lo Spezia, club che milita in C1 con ambizioni di promozione: serve un bomber di “scorta” che dia il cambio alla coppia Guidetti-Varricchio. Pelatti è il profilo giusto. Così nell’estate 2005, il centravanti diventa aquilotto. La stagione a La Spezia è il punto più alto della parabola calcistica di Pelatti: la squadra allenata Antonio Soda centra una memorabile promozione in Serie B che mancava da 55 anni. Gli aquilotti dominano un girone tostissimo, con Genoa, Salernitana, Padova e Monza che sembra più una B2 che una serie C. Una cavalcata che inizia alla terza giornata, con la prima vittoria in campionato degli spezzini. Va in scena al ‘Riviera delle Palme’ di San Benedetto del Tronto e vede inaspettato protagonista proprio Pelatti che entra a quarto d’ora dalla fine al posto di Massimiliano Varricchio sul punteggio di uno a zero per gli ospiti. Il tempo di realizzare una fulminante doppietta: che consente ai liguri di portare in porta la vittoria e rendere vano il tentativo di rimonta dei padroni di casa. Un bel modo di presentarsi ai nuovi tifosi. Ma Pelatti non è arrivato a La Spezia con i gradi di titolare e torna ad accomodarsi in panchina, pronto però a dare tutto quando viene mandato in campo. I suoi centimetri, il suo fisico, la sua voglia. Arrivano così altri tre gol in campionato: mai inutili. La rete a San Marino vale tre punti, quella in casa contro il Pavia, il due a zero che dà la tranquillità per dilagare e poi il ventidue gennaio, alla terza di ritorno, ancora con la Sambenedettese. Una stoccata da posizione defilata su respinta del portiere su tiro di Guidetti. Un gol che vale un’altra vittoria che porta tre punti che valgono un altro passetto verso la B. Ma la stagione di Pelatti non si esaurisce in campionato, ha il suo epilogo su un campo che è stato reame di un certo Diego Armando Maradona. Succede tutto il 18 maggio, gara di ritorno della Supercoppa di C1 che vede di fronte il Napoli, vincitore del girone B, e la Spezia, vincitrice del girone A. L’andata si era chiusa a reti bianche e ai liguri serve soltanto un risultato positivo per mettere le mani sulla coppa. Il San Paolo non è pieno come nelle grandi occasioni, ma per il match giungono 10.000 spettatori. Soda non ci sta a concedere la passerella agli azzurri di Reja e mette in campo un undici coriaceo che vuole vendere cara la pelle. Tra questi anche il bomber di “riserva” Pelatti che al quarto d’ora della ripresa realizza quella che è senza dubbio la rete più importante della carriera. La trappola del fuorigioco della difesa napoletana non scatta correttamente e il centravanti spezzino ne approfitta per portarsi a tu per tu con Iezzo. Una finta disorienta l’estremo difensore permettendogli di battere a rete ormai senza più alcun ostacolo. È l’1-0 che rende vano il successivo pareggio del “Pampa” Sosa e consegna la coppa allo Spezia che centra un prestigioso double.

La sfida di Supercoppa di C1 tra Napoli e Spezia.

Le buone prestazioni da riserva non bastano però a Pelatti per provare l’ebbrezza della B conquistata sul campo, la dirigenza spezzina preferisce puntare su altri giocatori come il paraguaiano Tomás Guzmán e così la storia fra il centravanti reggiano e lo Spezia finisce.

È tempo di tornare in Emilia, di riavvicinarsi a casa. Il Sassuolo del patron Rossi lo vuole per tentar la scalata al calcio che conta. Sassuolo però non è La Spezia e Remondina non è Soda. Il risultato è una delle peggiori stagioni in carriera e il divorzio a fine campionato. Le quotazioni della punta, ormai sulla soglia dei trent’anni, sono in discesa e così non resta altra scelta che seguire il cuore e accettare le avanches della Reggiana, squadra della sua provincia. E come a La Spezia è un suo gol a dar la prima vittoria in campionato ai granata, facendo partire una marcia che si conclude con la promozione in C1. Succede tutto il 27 agosto, prima giornata di campionato: la Reggiana scende in campo al Libero Masini di Santa Croce sull’Arno per affrontare i padroni di casa del Cuoi Pelli. Il divario tra le due compagini è nettamente sbilanciato a favore dei reggiani che però devono attendere il quarantunesimo minuto per trovare la via del gol. Lo fanno in una delle maniera più spettacolari che il calcio può offrire, ovvero in acrobazia. Un pallone che arriva dalla corsia destra è il pretesto che serve a Pelatti per esibirsi in una rovesciata che spedisce la sfera nell’angolo più lontano della porta difesa Conti. Un gol da cineteca che permette al suo autore di guadagnarsi la ribalta della cronaca sportiva locale e l’immortalità nella rete. Se cercate su Youtube il suo nome compare ancora il video di questo gesto che se fosse accaduto in campi di altre categorie avrebbe avuto altra eco. Un gol che rende parziale giustizia a un attaccante che una decina d’anni prima con l’esordio in A sembrava destinato a una carriera di diverso segno. L’avventura con la Regia, nonostante l’inizio folgorante, non si rispetta in pieno le attese: Pelatti ha un alto minutaggio ma trova la rete soltanto altre quattro volte. Tuttavia l’impegno e la dedizione alla causa reggiana, fanno di lui un beniamino del pubblico granata che però, come spesso è accaduto, deve salutare a termine stagione. Per l’attaccante c’è l’Alessandria ma il matrimonio non è felice: per la prima volta in tanti anni di carriera Pelatti chiude la stagione senza reti. Una delusione che fa emergere l’aspetto umano del giocatore che decide, nonostante abbia ancora un anno di contratto con i piemontesi, di rescindere per tornare nella sua Emilia. Vicino alla sua famiglia, al padre Ido e alla madre Elide, agli affetti di sempre. Anche sapendo che questa scelta vale il professionismo, probabilmente per sempre. Pelatti decide di tornare a casa, dove sono le sue radici di uomo e di calciatore e da lì percorre gli ultimi minuti della sua personale partita. In Eccellenza con il Formigine a 15 chilometri da Scandiano, da quel suo mondo lasciato giovanissimo per inseguire il sogno di diventare un calciatore vero.

Pelatti con la maglia del Formigine
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