Un dieci di nome Pinardi

Quando Bortolo Mutti al minuto 73 di Ravenna-Atalanta gli chiede di andare in campo, Alex Pinardi è appena maggiorenne. È il 7 marzo 1999 e allo stadio Benelli la Dea ha bisogno di un avanti in più per uscire dalla palude ravennate. Fuori il terzino Pierre Regonesi, dentro questo ragazzino arrivato direttamente dalla Primavera. Uno sconosciuto per tanti non per i supporters dell’Atalanta che ne conoscono l’abilità ma soprattutto sono abituati ai battesimi precoci. Spesso chi si affaccia giovanissimo sul professionismo con la maglia dell’Atalanta, nel professionismo ci resta, per molto tempo. Perché l’Atalanta ha fatto del settore giovanile il suo fiore all’occhiello: da lì tanti campioni sono transitati. Come Domenico Morfeo, un campione a metà, che proprio con la maglia orobica ha mostrato i primi lampi di genio.

Pinardi per movenze e ruolo è simile a Morfeo, gioca sulla trequarti, giusto un paio di metri più indietro ma anche il suo  bagaglio tecnico è notevole. Ha i giusti ritmi, le movenze da chi sa inventare calcio e poi il tocco, quella cosa che caratterizza i numeri 10 veri. A Ravenna però non è giornata, né per lui né per l’Atalanta che non riuscirà a sbloccare il risultato. Per Pinardi, non è una bocciatura ma solo l’antipasto di ciò che l’attende. La stagione successiva, ancora in B, il trequartista di Chiari, è impiegato in pianta stabile; non ha i galloni del titolare ma mette insieme svariate presenze che gli valgono la chiamata dell’Under 20 e la considerazione degli addetti ai lavori. Pinardi dell’Atalanta è uno dei trequartisti più interessanti in circolazione e all’alba del nuovo Millennio non sono pochi quelli che gli pronosticano una carriera di altissimo livello.

Alex Pinardi in azione con la maglia dell’Atalanta.

Intanto lui si attrezza e arriva in A con l’Atalanta dove trova la gioia del debutto, nella stagione 2000-2001, e l’euforia del primo gol l’annata successiva. Avviene alla 25^ giornata, in momento delicato del campionato con l’Atalanta impegnata a Udine contro i padroni di casa: è un match salvezza inchiodato su un 1-1 che non accontenta nessuno. Al 95° Paolo Foglio scende sulla fascia destra e butta in area un rasoterra insidioso sul quale il primo a gettarsi è proprio Pinardi che di destro manda in rete la sfera. Primo gol in A e tre punti d’oro per la Dea. Sette giorni più tardi all’Atleti Azzuri il trequartista si ripete: questa volta la vittima è il Lecce. Lui segna il secondo gol che si rivelerà fondamentale per condurre in porto la vittoria. A fine campionato i ragazzi di Giovanni Vavassori raggiungeranno la salvezza tranquilla e tra i tanti giovani lanciati un posto al sole se lo guadagna anche Pinardi.

Il primo gol in A di Pinardi in Udinese-Atalanta

A questo punto l’esplosione del talento del trequartista sembra ormai scontata invece la stagione 2002-2003 è un mezzo disastro. Fin dall’estate quando Pinardi capisce che, nonostante il 10 sulle spalle, dovrà sudarsi il posto battendo la concorrenza di un mostro sacro come Cristiano Doni. Decide comunque di restare e giocarsi le sue carte: il resto è storia. L’Atalanta retrocede dopo lo spareggio con la Samp e Pinardi si vede ridimensionato. Nonostante i 4 gol gli è mancato lo slancio decisivo, per prendersi la ribalta, rendere onore quel numero che in campo, dalla cintola in su, ha un peso specifico ed emozionale importante. Nonostante abbia imparato a decentrarsi dalla trequarti per partire più defilato e abbia fatto veder giocate di pregevole fattura. Come nella partita vinta contro il Modena, quando subentrato all’infortunato Pià, realizza un gol tra i più belli della carriera. La difesa atalantina rinvia senza troppa precisione un pallone che serve ad allontanare la pressione dei canarini, ma dopo un rimbalzo sulla trequarti diventa un buono per l’uomo più avanzato della Dea. È il 10 Pinardi che riesce ad addomesticare la sfera per poi lasciare sul posto Cevoli con un dribbling secco prima di portarsi a tu per tu con Ballotta e freddarlo con un destro preciso.   

Il gol capolavoro di Pinardi contro il Modena

Sempre nel suo nuovo ruolo di seconda punta, Pinardi andrà in gol anche nella partita successiva contro la Juventus e poi due volte contro il Bologna al Dall’Ara. È il momento migliore dell’Atalanta e anche del giocatore. Un lampo che dura poco meno di 270 minuti e non basta a salvare una stagione nata storta. Così a luglio Pinardi deve ripartire da capo, dalla B, anche se c’è sempre l’arma in più dell’affetto dei tifosi nerazzurri. Ed forse per questo che Pinardi decide di restare in B, nonostante tutto. C’è da riportare subito in A la società che per prima aveva intravisto le sue doti ancora quando era bambino e gli era rimasta accanto quando a dieci anni rimase senza il padre, morto prematuramente.

Quello che doveva essere purgatorio diventa presto un paradiso: Pinardi gioca la migliore stagione della sua carriera segnando 8 reti e risultando uno degli artefici della splendida cavalcata della Dea verso la A. Il pareggio all’ultima giornata in casa contro la Salernitana vale il quinto posto e la promozione nella Massima Serie ma anche la chiusura del cerchio. L’Atalanta che aveva permesso a Pinardi di diventare un giocatore vero e di debuttare in Serie A era di nuovo nella categoria che meritava. È il lieto fine di una storia iniziata dodici anni tredici anni prima: da quando un bambino si era infilato la maglia nerazzurra della Dea e con questa era diventato calciatore e uomo. Dopo quest’ultima stagione in B Pinardi è un giocatore ritrovato, forse meno al servizio della fantasia ma più pragmatico e duttile. Maturo, anche per lasciare Bergamo. Si accasa al Lecce di Zeman, sempre in A, dove rimane per due stagioni risultando determinante e mettendo in mostra anche una certa continuità che finora gli era un mancata. Tuttavia Pinardi rimane lontano dalle piazze delle big e a termine della stagione 2005-2006 con i pugliesi retrocessi deve accettare di tornare ancora in B, questa volta con i gialloblù del Modena.

Pinardi con la maglia del Modena
(foto da www.parlandodisport.it)

Sì, gli stessi contro cui qualche anno prima aveva messo assegno la rete più bella della carriera. In Emilia Pinardi rimane per quattro stagioni mettendo insieme oltre 100 presenze e 26 gol. Dopo Bergamo, Modena diventa la sua seconda casa: qui si sente apprezzato come uomo e giocatore e sulla soglia dei trent’anni ritornano le sirene della Serie A. Lo vuole il Cagliari di Cellino che già l’aveva cercato ai tempi dell’Atalanta. L’affare va in porto e nell’estate del 2010 Pinardi è agli ordini di Pierpaolo Bisoli. Ma è solo un’illusione che dura pochi mesi. In Sardegna il trequartista non ingranerà mai e nel mercato invernale verrà ceduto al Novara che a sorpresa sta battagliando per la promozione in A. Qui le cose miglioreranno: Pinardi trova maggior minutaggio e la soddisfazione di una storica affermazione che riporta il Novara nella Massima Serie dopo più mezzo secolo. Anche questa volta però la permanenza nella categoria dura fino al mercato di riparazione quando Pinardi verrà ceduto al Vicenza in B dove mostrerà, seppure a sprazzi, il suo genio e quel suo tocco di palla che aveva fatto sognare i tifosi della Dea. Poi ci sarà la prima volta in C con la Cremonese, e gli anni alla Feralpi Salò e alla Giana Erminio, prima di chiudere con il calcio giocato con i dilettanti dell’Adrense al termine della scorso stagione. Resta, in chi ha visto giocare Pinardi, la sensazione che avrebbe potuto esser molto di più di un buonissimo giocatore e che, probabilmente, se non fosse stato per quella sua propensione naturale a essere un trequartista puro, ruolo ormai rigettato dal calcio contemporaneo, avremmo parlato con gli stessi termini con cui si descrivono i grandi interpreti di questo sport.

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