Pasquato durante la presentazione con la maglia del Campodarsego. Foto da https://www.campodarsegocalcio.it/

La straordinaria normalità di Pasquato

Manca solo qualche minuto alla fine di Juventus-Catania, penultima giornata di campionato. Le squadre sono bloccate sull’1-1, un pari d’oro per i siciliani, un punto che non cambia nulla per i bianconeri. Così Claudio Ranieri fa alzare dalla panchina un ragazzino, mandandolo a scaldarsi. Un po’ di stretching, qualche scatto: è tutto pronto. Manca una manciata di secondi alla fine della partita, forse un minuto. Ranieri richiama Del Piero: lo speaker dell’Olimpico saluta la sua uscita e accompagna l’entrata del giocatore numero 34. Si chiama Cristian Pasquato, diciannove anni ancora da compiere, ma 11 gol nella Primavera bianconere sono il passaporto giusto per mettere i piedi in campo. È l’11 maggio 2008. Pochi istanti dopo è tutto finito meno l’emozione del ragazzo: Trefoloni fischia tre volte, il cronometro si stoppa ma non l’eccitazione del debutto in A. Si parla bene di Pasquato, tanto che rimane in orbita della prima squadra anche nella preparazione estiva. Il ragazzo, una seconda punta molto tecnica e veloce, gioca con la prima squadra arrivando a prendersi la ribalta in una sera di agosto. Nel più classico degli appuntamenti del calcio “vacanziero”, Il Trofeo Berlusconi. Lo fa segnando la rete della bandiera in un 4-1 per i rossoneri senza storia: brucia sul tempo Favalli e Dida e insacca. Proprio nello stadio dove gioca la sua squadra del cuore, sì lui che gioca per la Juve ma è milanista. Butta dentro una palla che non cambia l’inerzia del match ma gli regala i primi trafiletti sui giornali “Da milanista – dirà alla Gazzetta dello Sport – ci sono rimasto un po’ male ma segnare a San Siro è impagabile, la più bella emozione in sei anni di calcio”. Fede calcistica a parte, a Torino, sono sicuri di avere in casa un nuovo campione. È ancora acerbo, ma si farà: non serve fretta. 

Il gol al “suo” Milan nel Trofeo Berlusconi.

Pasquato va in prestito all’Empoli e poi alla Triestina: giocherà con continuità, segnando solo due reti ma sfornando diversi assist. Due stagioni prima di ritornare alla base. Per poco perché ad agosto 2010 è di nuovo in B nelle fila del Modena. È un’annata di livello che lo vede scendere in campo 40 volte trovando la gioia della rete per 9 volte. Sembra la definitiva consacrazione. Tuttavia nel futuro non ci sarà la Juventus, ma la Serie A del Lecce. Ma sarà una manciata di mesi e tanta panchina prima di far ritorno a Torino, stavolta sulla sponda Granata. Poche presenze, anche qui, ma che non fanno cambiare idea al Bologna che decide di puntare su di lui. Nel frattempo il cartellino di Pasquato è diventato a metà tra Juventus e Udinese. Ma la nuova chance in Massima Serie è un’esperienza elettrizzante che trova il suo massimo splendore nel destro da 30 metri nella partita contro il Cagliari al Dall’Ara. È il 90° inoltrato, lo stesso minuto di quell’esordio tra i professionisti 5 anni prima. Pasquato riceve un pallone, sembra innocuo, destinato a diventare un altro passaggio. Invece lui non ci pensa due volte, vede Agazzi leggermente fuori posizione e da una frustata secca alla sfera. Ne esce una traiettoria irresistibile che fa volare il pallone sotto il sette del portiere cagliaritano. Imparabile. Gol. Il secondo in A, il più bello esteticamente. Il primo urrà era arrivato contro la Roma poco più di un mese prima, quasi per caso. Questo invece è un gol vero, stupendo e cercato: uno di quei gesti tecnici che se fatti da qualcuno con altro nome monopolizzano i dibattiti nelle trasmissioni televisive e le prime pagine di giornali sportivi nelle ore a venire. Invece il gol è di Pasquato un giocatore a metà tra il bianconero della Juventus e quello dell’Udinese. 

La prodezza balistica contro il Cagliari.

A fine stagione quindi l’attaccante nativo di Vigonza – provincia di Padova – lascerà l’Emilia per il biancoscudato del Padova, in Serie B. Sarà un’altra esperienza positiva sul piano personale: 7 gol in 37 partite diventando una pedina importante di una squadra che comunque retrocederà. Intanto lui è diventato un giocatore tutto della Juventus ma la Serie A rimarrà un’illusione. Nel futuro di Pasquato c’è ancora tanta B: una stagione e mezzo con il Pescara inframezzata da un campionato a Livorno. Stesso copione: tante presenze, un buon bottino di gol ma quella chiamata dalla A che non arriva più. I gol nella Primavera della Juventus e la prodezza balistica contro il Cagliari sembrano non interessare a nessuno. Se la Massima Serie che non arriva in Patria, giunge da lontano: 4000 chilometri più a Est di Torino, dalla regione russa del Volga. La squadra che lo cerca si chiama Kryl’ja Sovetov ed è l’espressione della città di Samara, una metropoli di oltre 1 milione di abitanti celebre per le sue industrie aerospaziali che in epoca sovietica erano un orgoglio del Paese. Per far colpo su Pasquato i dirigenti del Kryl’ja arrivano a proporgli addirittura un’interprete di bella presenza. Tutto vero. È Maxim Lyapin, dello staff tecnico del Kryl’ja a darne notizia in una radio locale. “Non era facile portare in Russia un giocatore così importante. Per ottenere il suo sì, il club ha provato in tutti i modi: uno stipendio dignitoso e un’auto prestigiosa. Questo non è bastato e allora abbiamo pensato ad una soluzione più alternativa. Abbiamo assunto una bellissima interprete facendo un vero e proprio casting. Tutto questo anche per mostrare al calciatore ogni angolo della città con un supporto linguistico d’eccezione. E’ andata bene perchè poi Pasquato ha accettato la nostra offerta.” Gossip a parte l’avventura russa in Premier Liga si rivela, come d’abitudine ormai per Pasquato, buona sotto il profilo personale ma negativa a livello di squadra. Cristian è la stella del club, gioca quasi sempre, togliendosi lo sfizio di segnare a tre grandi di Russia – CSKA Mosca, Zenit San Pietroburgo e Spartak Mosca – ma la squadra è abbastanza modesta e non può salvarsi dalla retrocessione. Così l’avventura russa finisce: se seconda serie deve essere tanto vale tornare in Italia. 

Ma è a questo punto della storia che arriva una nuova sirena che canta da Est. Ci si avvicina all’Italia ma si rimane al di là di quella che fu la cortina di ferro. Il 20 luglio 2017 la Juventus – che è ancora proprietaria del cartellino – lo cede a titolo definitivo al Legia Varsavia, glorioso club polacco, campione nazionale in carica. Dopo la Juventus il Legia è il club più titolato con cui Pasquato è sceso in campo. E poi lo attende il battesimo europeo sulle note dell’inno della Champions League che risuonano 6 giorni dopo all’Astana Arena. È l’andata del preliminare che mette contro il Legia all’Astana FC, la squadra della capitale kazaka. Pasquato entra solo nella ripresa con i suoi sotto di due reti, senza riuscire ad evitargli una sconfitta. Finisce 3-1 per i locali che ipotecano il passaggio del turno. Sette giorni più tardi il Legia vincerà 1-0, Pasquato non vedrà il campo e i campioni di polonia saluteranno l’Europa. Sembra l’inizio di un incubo. Invece la stagione a livello nazionale si rivelerà una delle migliori della storia del club. Il Legia bissa il titolo del 2016-2017 e vincerà anche la Coppa Nazionale. Pasquato è tra i protagonisti del double scendendo in campo 22 volte, trovando la via delle rete in due occasioni.  Una di queste ha il peso specifico di dieci. Perché accade durante una delle partite più sentite di Polonia: Wisla Cracovia-Legia Varsavia. Il 22 aprile allo Stadion Miejski, davanti a oltre 20mila tifosi, Pasquato decide di provare a replicare quanto fatto contro il Cagliari un po’ di tempo prima. Chissà che dall’Italia qualcuno non si ricordi di lui. La zona del campo è simile, solo qualche metro più avanti e più defilato. L’attaccante riceve palla; è subito pressato da due avversari, ma riesce incredibilmente a sgusciare tra loro e a portarsi in posizione di tiro. Si sposta la sfera sul destro e fa partire una fucilata che lascia secco sul posto il portiere del Wisla. È la rete che decide la partita e proietta il Legia verso la conquista del titolo. Il primo trofeo della stagione arriva dieci giorni più tardi quando il Legia batte in finale di Coppa di Polonia l’Arka Gdynia. Cristian gioca tutta la partita e al triplice fischio può finalmente mettere le mani su una coppa, la primo della carriera, a ventotto anni. Sembra appartenere a un’altra epoca l’immagine del suo ingresso in campo al posto di Del Piero o i frame del gol segnato al Cagliari, sono un quadro sfocato anche le stagioni in B. L’Italia ora è il paese dove trascorrere le vacanze, quasi da turista, senza la preoccupazione di trovare uno stadio che possa essere casa. Al limite rimane l’Azzurro della Nazionale, una suggestione a cui non pensare. 

Il gol di Pasquato contro il Wisla.

Ma tutto questo è soltanto un’illusione, il richiamo dell’Italia è così forte che la ribalta della Polonia non può attenuare. Così la seconda stagione con il Legia inizia con quella che in Brasile chiamano saudade ma che per Pasquato corrisponde più alla voglia di dimostrare in Patria il suo valore. Finisce ai limiti della squadra ma, beffa delle beffe, dall’Italia nessuno si fa avanti concretamente. A trent’anni Pasquato è un giocatore disoccupato. Senza squadra ma con un solo desiderio: tornare a casa. Non importa la serie basta tornare, magari in Veneto, vicino a Vigonza dove era cresciuto e dove ci sono i suoi familiari. Così quando si concretizza la possibilità di giocare nel Campodarsego – espressione dell’omonima cittadina padovana – la Serie D non è un problema. Vigonza è lì, a un tiro di schioppo, dodici chilometri che si possono percorrere anche in bicicletta. Anzi Pasquato lo fa. Casa-allenamento, sulle strade che l’hanno visto crescere, l’hanno portato lontano per poi riprenderlo tra le braccia quando la vita sportiva sembrava giunta in un binario morto. Nell’anno del Covid, in un anno bisesto che ha l’impronta della sfortuna stampata in fronte. Per il trequartista invece sarà l’anno della rinascita. Senza pressioni, e in una categoria decisamente troppo stretta per le sue qualità, riesce a imporsi, a mostrare quei lampi di classe che avevano colpito Ranieri. Il Campodarsego va, si issa in vetta del girone C del Campionato Nazionale Dilettanti e lui, nel mercato invernale, viene cercato da diverse squadre di C. Finisce anche nel mirino dell’ambizioso Palermo ma niente. Pasquato vuole rimanere lì, a giocare un calcio a portata di bicicletta, senza ansie da prestazione. E poi c’è la possibilità di scrivere la storia del Campodarsego che non ha mai raggiunto la Serie C. Sono pensieri che corrono veloci fino al 10 marzo quando il governo decide di sospendere il campionato. A maggio si saprà che lo stop sarà definitivo: tutto congelato, le prime di ogni girone saranno promosse in C. Tra queste c’è anche il Campodarsego di Pasquato: la gioia è grande, la festa forzatamente assente, ma l’impressione di aver fatto qualcosa di grande non passa in secondo piano. Il Campodarsego per la prima volta nella storia è tra i professionisti, Pasquato invece ci torna. Non sarà la Serie A ma a trent’anni non è ancora tempo di abbandonare i sogni.

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