Foto da www.cittaceleste.it

Alessandro Iannuzzi e quel destro educato fermato dalla malasorte

Alessandro Iannuzzi è un attaccante che agisce da seconda punta, fisico asciutto e tecnica raffinata. Calcia con il destro e quando tocca palla dà sempre l’impressione di poter inventare qualcosa: trovare il corridoio giusto per liberare un compagno di squadra o cercare la rete in solitaria. Come succede il 29 maggio nella finale di ritorno di Coppa Italia tra Vicenza e Napoli, quando con una sgroppata portentosa spacca in due la retroguardia partenopea, regalando ai tifosi dei Lanerossi la sicurezza di un successo irripetibile. Non è l’unica e la sola rete significativa con i biancorossi: prima della finale Iannuzzi aveva fatto le prove tecniche in un palcoscenico da brividi. Al Meazza, la Scala del calcio, una sua mezza rovesciata conclude nel migliore dei modi il contropiede dei ragazzi di Guidolin e regala al Vicenza una prestigiosa vittoria. La firma ha la calligrafia di un ragazzino che era arrivato in Veneto dalla Lazio, per farsi le ossa e giocare, confermando quelle qualità fatte intravedere con la maglia azzurra della primavera laziale.

3 maggio 1997, Inter-Vicenza 0-1 con gol di Iannuzzi.

Fu un suo gol su punizione contro il Perugia a regalare, il 24 giugno 1995, lo scudetto alla Primavera, una delle formazione giovanili più forti di sempre. In campo con Iannuzzi c’erano Marco Di Vaio, Flavio Roma, i centrocampisti Daniele Franceschini e Domenico Cristiano e più indietro un certo Alessandro Nesta. La prodezza di Iannuzzi fece saltare i 20.000 presenti all’Olimpico come accadde poco meno di due anni dopo. Sempre su punizione, sempre di destro: questa volta però l’avversario è il Torino, la maglia è quello della prima squadra, il campionato la Serie A. Lo sconsiderato tocco di mano di Maltagliati, la punizione pennellata dal ragazzino romano che vale il pareggio, la corsa ad abbracciare il fratellino raccattapalle, i titoli dei giornali che recitavano “La Lazio salvata da Iannuzzi”. Sono i fermo immagine dell’avvento di un nuovo campione. La tappa a Vicenza, quindi, è stato solo il classico interludio per far crescere senza fretta il ragazzo. Un anno e poi ancora Lazio, ma in biancoceleste sono in troppi, così Iannuzzi va ancora in prestito.

La finale di ritorno di Coppa Italia tra Vicenza e Napoli del 29 maggio 1997.

Questa volta scende al Sud per indossare il giallorosso del Lecce, in Salento però le cose non vanno come tutti auspicano. Arriva un infortunio che limita l’attaccante che sarà costretto ad accontentarsi della miseria di 8 partite seppur impreziosite dalla gioia di una rete. Unico flash nella “notte” leccese. All’inizio della stagione 1998-99 Iannuzzi è ancora a Formello, ma siamo nel pieno dell’opulenta era Cragnotti: alla Lazio arrivano i migliori calciatori dall’Italia e dall’estero. Eriksson, per quanto stimi il ragazzo, non può garantirgli un adeguato minutaggio. In attacco ci sono gli inamovibili Salas, Vieri e Mancini, mentre la quarta punta è un certo Alen Boksic. Così a gennaio, nel corso del mercato invernale, Iannuzzi lascia nuovamente la Capitale. Non si tratta di un prestito, ma di una cessione a titolo definitivo. L’acquirente è il Milan che proprio alla Lazio sta contendendo il titolo di campione d’Italia.

I rossoneri hanno due obiettivi: recuperare l’integrità fisica del calciatore, rilanciandolo nel calcio che conta, e portarsi a casa un campione a basso costo. L’inizio sembra dare adito alle speranze dell’entourage milanista. Il 21 gennaio 1999 a Milanello gli uomini di Zaccheroni sono impegnati nella consueta amichevole infrasettimanale. Gli avversari sono i modesti dilettanti del Viggiù e per Iannuzzi è l’occasione per debuttare in maglia rossonera. Entra in campo al 15° del secondo tempo e appena 3 minuti dopo può scrivere anche il suo nome nella lunga lista di marcatori. Al di là della rete e del valore dell’avversario, il neoacquisto si muove bene lasciando l’impressione di poter diventare una pedina importante nello scacchiere di Zac. Tuttavia, forse anche a causa di una forma non ancora ottimale, l’attaccante romano stenta a trovare spazio. Le giornate si susseguono e il Milan a sorpresa soffia il campionato alla Lazio, ma di Iannuzzi nei tabellini ufficiali non c’è traccia. Rimane il segno invece dei suoi continui acciacchi fisici che lo costringono spesso a fermarsi in infermeria.

Così per l’attaccante romano arriva il tempo di un nuovo viaggio: il club di Via Turati, nell’estate del 1999, lo manda in prestito alla Reggina speranzoso che in amaranto il suo folletto possa rimettersi in sesto. Nell’undici di Colomba dovrebbe dividere il fronte d’attacco con Davide Possanzini e Mohamed Kallon. Iannuzzi sente che l’esperienza di Reggio può essere la svolta tanto attesa e già nel ritiro estivo non si nasconde: “Ho avuto poche possibilità di esprimermi negli ultimi due anni, mi sento molto motivato e vedo che questo spirito c’è in tutti i giocatori di questa Reggina”. La motivazione lascerà ben presto il posto a una dura realtà: torna la cronica fragilità fisica e gli infortuni che non gli danno tregua. Morale: in quella Reggina, che otterrà un’eccellente salvezza e consacrerà il genio di Andrea Pirlo, Iannuzzi rimane soltanto un nome quasi sempre inserito nella lista degli indisponibili.

A fine stagione ritorna a Milanello giusto il tempo per capire quale sarà la sua futura destinazione. Il Milan, crede ancora in lui, Iannuzzi a 25 anni non può essere già un calciatore finito e le prodezze fatte con la primavera laziale e intraviste a Vicenza non possono essere state un caso. Se soltanto quei maledetti infortuni smettessero di tormentarlo… La tranquillità di Monza, a due passi dalla metropoli meneghina, sembra essere la scelta giusta per rilanciare la carriera dell’attaccante. La B è solo un impaccio di poco conto se di mezzo c’è il pieno recupero atletico. Ma la stagione 2000-2001 sarà tra le peggiori della storia della squadra brianzola che retrocede in C1 senza dare mai l’impressione di potersi salvare e, soprattutto, sarà una via crucis per Iannuzzi che, a causa dei noti guai fisici, non scende mai in campo, finendo anche fuori rosa. È il punto più basso della carriera dell’attaccante.

Probabilmente in molti avrebbero mollato il colpo e lasciato perdere tutto. Invece, il biondino romano non si arrende: c’è solo un posto dove si vede ed è sul verde di un campo di calcio. Per fare altro, c’è tempo. C’è una vita intera. Tenacia che viene finalmente ripagata: da Monza l’attaccante si trasferisce a Messina, questa volta non c’è l’ala protettrice del Milan. A tutti gli effetti è un nuovo inizio. Così sarà. Senza infortuni, Iannuzzi ritrova la via del campo, il minutaggio e anche il gol. Il 21 ottobre 2001, in una gara di Coppa Italia contro il Lecce, è sua la terza marcatura che dà la vittoria al Messina, rompendo un digiuno che dura da più di tre anni. Da quando, proprio con la maglia dei salentini, aveva segnato in campionato contro il Bari. Per Iannuzzi è la fine di un incubo, di un incantesimo che lo aveva pietrificato a bordo campo. Nel prosieguo della stagione troverà la via delle rete altre tre volte, due in campionato e un’altra in Coppa, e il Messina si salverà anche grazie al suo apporto. È solo l’antipasto perché la stagione successiva sarà ancora migliore. Memorabile è la sua doppietta, la prima in carriera, messa a segno contro la Salernitana. Succede il 6 gennaio 2004, quell’anno l’Epifania cattolica coinciderà anche con la manifestazione del talento di Iannuzzi. Il primo gol è una volée da rapace d’area, il secondo arriva da fuori area dopo un dribbling irresistibile e un destro potente e preciso che non lascia scampo al portiere granata. Un uno-due che fa capire quanto è ampio e pregevole il bagaglio tecnico del ragazzo.

La doppietta di Iannuzzi contro la Salernitana.

A ventotto anni, pensano in riva allo stretto, i treni del calcio conta passano ancora e da quelle parti sono tinteggiati di giallo e rosso. Il convoglio però è diretto a Perugia verso la squadra locale che ha deciso di puntare su Iannuzzi per regalare un’arma in più a Serse Cosmi. Per il giocatore significa tornare a misurarsi con la Serie A e, dopo l’esperienza messinese, le sue quotazioni sono in ascesa. Che sia questo il momento della definitiva consacrazione del fantasista della primavera di Mimmo Caso? Sarà il campo a dirlo. Purtroppo però ancora una volta il campo tacerà. A parlare, semmai, sono i medici che certificano nuovi e vecchi acciacchi che costringono Iannuzzi a vedere i Grifoni dalla tribuna. Per lui sarà l’ultima volta nella Massima Serie. A gennaio 2004, soltanto pochi mesi dopo essere arrivato in Umbria, Iannuzzi, ristabilito ma ai margini della squadra, passa al Pescara in Serie B. Non brillerà più come l’ultima volta e riuscirà a raggranellare soltanto la miseria di 7 presenze prima di abbandonare i Delfini e lasciare per sempre anche la B. Sulla soglia dei trent’anni riparte dalla Serie C e da Teramo. Ma le cose non cambiano: gli infortuni non gli danno tregua e il campo resta un miraggio. Così arriva una nuova discesa nella piramide calcistica italiana: la stagione 2005/2006 Iannuzzi la trascorre con la maglia del Gualdo in C2. Sarà la sua ultima da professionista ma questa volta il destino ha deciso di concedergli la passerella. Iannuzzi scende in campo con regolarità e con lui – decisamente fuori categoria – i marchigiani disputano un tranquillo campionato di metà classifica. Iannuzzi è indubbiamente il più tecnico in squadra e quando può lo dimostra togliendosi la soddisfazione della rete. Alla sua maniera, come contro il Forlì, con una punizione battuta con quel suo destro delizioso. Due passi di rincorsa, il calcio e il pallone che a va a finire giusto all’incrocio, lasciando al portiere soltanto l’annoso compito di chinarsi per raccogliere la sfera in fondo al sacco.

Il gol “alla Iannuzzi” in Gualdo-Forlì.

Sembra che le lancette del tempo siano tornate indietro a quel 24 giugno 1995, alla sua pennellata che dava il successo nel campionato primavera a quella Lazio che avrebbe fornito al calcio italiano una generazione di calciatori di altissimo livello. In quella nidiata poteva e doveva esserci anche Iannuzzi ma i venti avversi del fato hanno fatto sì che non seguisse la rotta dei suoi compagni e si perdesse tra le correnti, riemergendo soltanto quando le acque finalmente lo lasciavano navigare.  Quella con il Gualdo è l’ultimo sussulto ma non è la fine dello Iannuzzi calciatore. Giocherà ancora fino ai 36 anni nelle serie dilettantistiche laziale, lottando contro un fisico che non ha mai voluto assisterlo ma continuando a mostrare i lampi della sua classe cristallina, facendo crescere il rimpianto di non averlo mai potuto ammirare fino in fondo.

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