Gianluca Berti e i rigori di Baggio

Nel calcio gli episodi sono tutto, sono il carburante necessario per tener viva, dentro e fuori dal campo, la narrazione di uno sport che dello straordinario ha fatto la sua ragione stessa di esistenza. Oltre ai gol, alle parate, alle vittorie e alle sconfitte, c’è una rete di relazioni che tiene unito il tutto. Uno scheletro che permette al corpo di sostenersi, di essere cosa viva. Così non stupisce, trovare connessioni improbabili tra interpreti lontani per ruoli e stile, per essenza stessa. Unico denominatore comune il verde del campo, il calendario di un campionato. Tra questi ultimi rientrano anche Roberto Baggio e Gianluca Berti, il primo è l’emblema del 10 negli anni 90, il sogno Azzurro di nuovo tangibile; il secondo un bravo professionista che difende i pali della porta: sottotraccia senza farsi notare troppo.

Quando si trovano di fronte per la prima volta, il Divin Codino è un giocatore della Juventus affermato e affamato, alla ricerca di un gol che l’avrebbe consegnato alla storia del calcio: il numero 100 in Serie A. Berti è un portiere che dopo la giusta gavetta approda al Genoa in Serie A, nell’estate del 1993 giunge alla corte di Claudio Maselli come dodicesimo. Davanti a lui c’è l’esperto Stefano Tacconi, ma il ragazzo è pronto a insidiargli il posto. Così in effetti accade, tant’è che nelle prime dodici giornate il numero uno del grifone è lui. Anche il 31 ottobre 1993, quando i rossoblù sono impegnati al Delle Alpi di Torino contro la Juventus di Giovanni Trapattoni e di Roberto Baggio. Quel giorno il fantasista di Caldogno scende in campo come sempre, pronto a trascinare la sua quadra non certo con l’idea di raggiungere la quota di 100 gol in Serie A. Prima del fischio d’inizio infatti il 10 bianconero è fermo a quota 97: serve una tripletta e per quanto il Genoa non se la passi benissimo l’impresa è ardua.

La partita sembra confermare questa tesi, i padroni di casa, infatti, stentano ad aver la meglio sui difensori genoani. Ci vuole un guizzo di Angelo Di Livio per far andare fuori giri la difesa rossoblù e costringerla al fallo da rigore. È il 35° e sul dischetto si presenta Baggio: palla alla destra di Berti che intuisce soltanto e gol numero 98 per il fantasista. I bianconeri raddoppiano all’inizio del secondo tempo con Möller e poi dilagano al 56° con Baggio. A più di mezz’ora dalla fine manca dunque solo un gol alla fatidica quota 100. A un quarto d’ora dal triplice fischio, arriva l’episodio, a quel punto, più atteso: c’è un fallo in area di un difensore genoano e per l’arbitro non ci sono dubbi. Rigore. Sul dischetto si presenta ancora Baggio: il centesimo gol è distante 11 metri ma prima di bisogna battere l’estremo difensore, Gianluca Berti. Un bacio al pallone, il fischio dell’arbitro e gol. Il portiere ancora una volta intuisce ma non basta. Il Delle Alpi è in festa e nella concitazione del momento Baggio si lascia andare a un gesto inatteso. Invece di festeggiare con i compagni: si avvicina a Berti e lo abbraccia come si farebbe dopo un rigore parato da un compagno di squadra. È un gesto delicato, di una spontaneità disarmante che non poteva che essere l’ideale copertina per il traguardo raggiunto da uno dei fuoriclasse più amati. Sembrava dovesse esserci scritto da qualche parte nel copione affidato al fantasista vicentino. E Berti? Quel giorno era la spalla designato per far si che lo show riuscisse. La sua quasi parata è l’elemento che innalza il pathos del momento, in una compressa di suspence hitchochiana che si scioglie nell’abbraccio del 10 juventino.

Juventus-Genoa del 31 ottobre 1993

Dopo quel pomeriggio le strade calcistiche dei due continuarono ognuna secondo le proprie possibilità: il Divin Codino sbaglierà un rigore capitale diventato l’emblema del sogno americano svanito all’ultimo, passerà al Milan e poi all’Inter. Prima di vivere l’impeto della seconda giovinezza a Bologna e poi a Brescia. Dal canto suo, Gianluca Berti non arrivò a giocarsi un mondiale sotto il sole di luglio, ma proseguì un’ottima carriera in provincia, girando l’Italia in lungo e in largo. Ancona, Palermo, Reggio Emilia, Ravenna, Empoli, sono le tappe di un cammino che lo porterà anche a indossare per tre partite la prestigiosa casacca della Roma. Berti si cucirà addosso la fama di portiere affidabile e para rigori. Ne parò uno a Montella in un derby della Lanterna e riuscì a ipnotizzare bomber implacabili come Hübner, Schwoch e Francioso.

Le strade del fantasista Baggio e del professionista della porta Berti, si incrociano spesso, il calcio è così. Ma in uno di questi incroci succede quel che nessuno, tranne il destino che aveva ordito lo scherzo, si aspetta. È il 10 novembre 2002: allo stadio Rigamonti di Brescia, l’Empoli affronta il Brescia di Roberto Baggio. Con i toscani scende in campo Berti che in quella stagione è il titolare. La partita è tirata; in palio ci sono preziosi punti salvezza. Nessuno vuole perdere, quindi la gara si impantana in uno 0-0 che sembra accontentare i due contendenti. Ma a otto minuti dalla fine una rete di Antonio Buscè dà il vantaggio agli azzurrini che assaporano il gusto del blitz. L’euforia empolese dura però solo quattro minuti fino a quando l’arbitro De Santis fischia un rigore per il Brescia. Si ripete la scena di nove anni prima, soltanto i colori delle maglie sono diverse. Baggio si sistema il pallone sul dischetto del rigore, la solita breve rincorsa prodroma di quel suo incedere danzato prima di far impattare il collo del piede sul pallone. Di destro, alla destra del portiere. Questa volta però Berni raccoglie tutte le sue energie in un guizzo che neutralizza il tiro del fantasista e consente all’Empoli di mantenere il risultato. Stavolta però niente abbracci: il portiere, che ha deviato il pallone in angolo, esulta a braccia al cielo e si rivolge verso lo spicchio dei tifosi ospite a festeggiare. Berti con quell’intervento si era ripreso il ruolo di protagonista, quel giorno la spalla al suo show era lui: Roberto Baggio, un monumento del calcio italiano. Per una volta relegato comprimario di un impiegato modello.

Gianluca Berti con Massimo Maccarone all’Empoli.
Foto da: www.sicilianews24.it

Qualche giorno più tardi, intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Berti racconterà che una volta riuscì a parare due rigori in una sola partita e che ora, anche dopo aver parato un rigore a Baggio, il suo sogno era riuscire a realizzare una tripletta: parare tre rigori in una partita.

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