Michele Cossato e quel gol a Reggio Calabria diventato un libro

Nel calcio ci sono date importanti perché trascinano con sé momenti chiave della storia di un club, di un popolo, di un giocatore. A Verona, città innamorata alla follia del suo Hellas, ce ne sono tante: la più magica è il 12 maggio 1985, giorno di quell’1-1 a Bergamo che è valso uno storico scudetto, ma anche il 20 maggio 1973 del pirotecnico Verona-Milan 5-3 che costò al Diavolo il campionato della stella. Oppure quel 28 ottobre 1983 serata della vittoria per tre a due nella bolgia del Marakana di Belgrado che per l’epoca, anche per i tifosi in trasferta, significava andar in un altro mondo. Si potrebbe continuare all’infinto a ripercorrere una linea temporale che celebra il blasone di una piazza che ha vissuto momenti esaltati e pericolosi buchi neri pronti a inghiottire tutto. Come quel 24 giugno 2001 quando il Verona allenato da Attilio Perotti si trova a doversi giocare la serie A in uno spareggio infernale contro la Reggina di Cozza e Marazzina. All’andata la zuccata del danese Laursen aveva tenute accese le speranze dei gialloblù, consapevoli che a Reggio Calabria il clima sarebbe stato di guerra. Dentro e, soprattutto, fuori dal campo.

L’ostilità verso i veronesi si manifesta già dal giorno prima del match quando il riposo notturno della squadra viene disturbato dal chiasso di un drappello di tifosi locali che si presenta sotto l’hotel dove alloggiano i ragazzi di Perotti. Un’“esibizione” che vede tra i pezzi forte cori e lancio di bombe carta. Anche allo stadio il clima segue l’andazzo: i cento tifosi provenienti da Verona sono un piccolo puntino nel catino amaranto. La partita dal canto suo si sviluppa seguendo l’inerzia dei locali tant’è che la Reggina sembra padrona del campo e si porta in vantaggio di due reti. Zanchetta e Cozza nel primo tempo sembrano spianare la strada ai calabresi. Poi a 5 minuti dalla fine il guizzo che non t’aspetti: un pallone in area con il contagiri di Giuseppe Colucci arriva giusto sui piedi di Michele Cossato che fa l’unica cosa possibile nella selva di difensori amaranto. Un pallonetto al portiere Taibi e successivamente uno scatto disperato per colpire la sfera di testa ribadendola in rete. È il gol del 2-1 che in quel momento salva il Verona. Ma dovranno passare ancora cinque lunghissimi minuti prima che il sogno scaligero assumi fattezze reali e che l’eroe della giornata possa festeggiare.

Il gol decisivo di Michele Cossato raccontato dalla sponda gialloblù

A distanza di anni quell’azione, quel gol sono ancora impressi nei ricordi dei tifosi dell’Hellas che ricordano ancora dov’erano quel 24 giugno quando SuperMike segnò il gol salvezza. Un carosello di ricordi che resistono al tempo e che l’attaccante, insieme all’amico Alessandro Dusi, ha voluto raccogliere in un libro che più che un racconto è un grande muro collettivo dove in tanti hanno inciso un ricordo. Il libro si intitola “24 giugno 2001. Dov’eri quel giorno?” e il ricavato delle vendite finirà al reparto terapia intensiva neonata dell’ospedale di Borgo Trento (VR). Qualche giorno fa abbiamo incontrato Cossato e Alessandro ci siamo fatti raccontare cosa successe quel 24 giugno e perché l’idea di questo libro particolare.

 Come nasce l’idea di questo libro?

A. L’idea nasce 5 anni fa perché ci eravamo resi conto che a distanza di anni dal 24 giugno 2001 la gente quando incontrava Michele per strada lo fermava e lo ringraziava ancora per quel gol a Reggio. E, cosa ancora più straordinaria, si ricordava precisamente dov’era quel pomeriggio. All’epoca decidemmo di fare un blog che raccogliesse tutti i questi ricordi dei tifosi: ognuno poteva passare e lasciare il suo contributo. Successivamente mettemmo all’asta la maglia di Michele a scopo benefico e poi quest’anno decidemmo di dar forma cartacea alle memorie fino ad allora presenti nel blog.

M. Questo libro nasce per dare spazio ai racconti dei tifosi dell’Hellas e per ricordare quel 24 giugno. È una cosa incredibile: ieri ero al lago, vicino a me c’era un ragazzo con il tatuaggio della scala – il simbolo della città – mi si è avvicinato e siamo stati un’ora a parlare del Verona e ovviamente di quella partita contro la Reggina, decisa dal mio gol. Si ricordava dov’era quel giorno, tra l’altro lui era uno dei 100 presenti al Granillo, ma vicino c’erano altri ragazzi più giovani: all’epoca avevano poco più di dieci anni ma anche loro avevano impresso nella mente quella partita e quel gol. Fatti come questi, mi capitano quasi tutti i giorni.

Il protagonista del racconto, superfluo dirlo, è la tua rete. Che ricordi hai di quegli istanti?

Mi ricordo il passaggio che ricevetti da Coluccino (Giuseppe Colucci): poi è stata una frazione di secondo. Decisi di provare il pallonetto a Taibi e poi quando vidi la palla scendere verso la porta mi buttai ancora. Saltai per colpirla di testa, dietro sentivo Stovini che spingeva. Se non avessi saltato per primo, mi avrebbe travolto provocando un rigore.

In quell’azione c’era la sensazione che a spingere quella palla in rete insieme a te ci fosse una città intera. Non trovi?

Sì, in qualche modo è stato così. Io ricordo il gol dal campo ma nel libro ogni racconto sembra descrivere un gol diverso. 130 ricordi di persone diverse che raccontano l’emozione da angolature diverse. Ci sono quelli che erano a casa davanti alla TV, quelli che erano tra i 100 tifosi presenti a Reggio, ma anche chi era in campo: Giuseppe Colucci, Vincenzo Italiano, Massimo Oddo. Le parole di quest’ultimo, sono davvero straordinarie soprattutto pensando alla carriera fatta da Oddo. 

E poi a dare ulteriore magia al tuo gol anche il fatto che tu sei di Verona e tifoso dell’Hellas. Quel 24 giugno sembrava che i famosi dei del fútbol l’avessero studiata per bene.

Posso dire che se quel gol che ha salvato il Verona l’avesse segnato qualcun’altro non sarebbe stata la stessa cosa. Avesse segnato Gilardino, ad esempio, sarebbe stato bellissimo, sarebbe andato bene ugualmente, ovviamente, ma il fatto che ho segnato io, un veronese tifoso dell’Hellas, ha dato al tutto un significato completamente diverso. Me ne accorsi negli anni: la sera stessa quando mi intervistarono dissi che ero felice per il gol e per il Verona ma scoprì nel tempo, e nel contatto con i tifosi che ancora mi ricordano, la portata di quel che avevo fatto.

Ma in quel finale di campionato sei stato decisivo anche a Parma: un tuo gol negli ultimi minuti ha dato una vittoria fondamentale ai gialloblù. 

Mi ricordo che quel pomeriggio a Parma c’erano un sacco di ragazzi venuti da Verona per sostenere la squadra. Andammo in vantaggio noi con un rigore di Oddo, poi pareggiò il Parma con Amoroso. A quel punto per noi era durissima. Io mi stavo riscaldano sotto lo spicchio dei supporters veronesi. Sentivo i tifosi scandire il mio nome, ma Perotti non sembrava intenzionato a mandarmi in campo. Allora passai davanti alla panchina e mi feci dare la maglia dal secondo portiere Doardo, mi indirizzai verso la linea di centrocampo per entrare. Mi fermò Perotti che mi disse “dove vai?”, io gli risposi così: “Buttami dentro, stiamo andando in B e il Chievo è in A”. Sentivo i Butei cantare e ripetei al mister “Fammi entrare”, a quel punto Perotti cedette e mi buttò nella mischia. A tre minuti dalla fine arrivò il gol: una liberazione per il Verona e per me che avevo deciso di fare quel gesto. L’esultanza sotto i tifosi veronesi è stata una cosa bellissima, erano veramente tanti.

Parma-Hellas Verona 1-2

La stagione dopo il Verona retrocesse in maniera inaspettata dopo un girone d’andata stratosferico con una squadra che poteva contare su Mutu, Gilardino e Camoranesi. Cosa ricordi di quell’anno e cosa non funzionò?

L’anno dopo la salvezza di Reggio è arrivato Alberto Malesani, secondo me un allenatore 100 anni avanti rispetto agli altri. Giocavamo alla grande, poi sono iniziati i problemi societari, alcuni giocatori erano stati già venduti e non venivano pagati gli stipendi. Dopo il girone d’andata chiuso a ridosso della Uefa, andammo dal presidente Pastorello per chiedere almeno un premio in caso di qualificazione alle coppe. Ci venne risposto che per il Verona la Coppa Uefa è la Coppa del Nonno. A un certo punto è come si fosse spenta la luce: pensavamo di riuscire a salvarci e invece finì, come noto, retrocessi con 39 punti.

Passando invece alla tua carriera, hai giocato per tanti anni in B, segnando molto al Chievo e al Venezia, ma il debutto in A e la prima rete sono arrivati a 30 con il “tuo” Hellas. Hai qualche rammarico?

Diciamo che nella Serie A attuale potrei giocarci tranquillamente, ai miei anni, a parer mio, il livello era molto alto. Detto questo, sono contento di quel che ho fatto e dei gol segnati. Se mi chiedessero avresti voluto fare il gol di Reggio o altri 50 in A? Senza dubbio meglio un gol come quello di Reggio a tante reti meno importanti. Per un giocatore segnare un gol così importante per la squadra della sua città penso sia il massimo e un privilegio che capita a pochi. Mi viene in mente solo Totti in tempi recenti.

Nella tua carriera hai avuto l’onore di vestire anche una maglia prestigiosa come quella della Fiorentina che per i veronesi di sponda Hellas non è una squadra qualsiasi. Il gemellaggio tra le due tifoserie è uno dei più forti in Italia.

Sì, è stato un bel momento anche se a Firenze rimasi poco e non giocai molto. Non ero tra i titolari e di conseguenza non considerato Cavasin. Il mister allenava soltanto i titolari, il resto della rosa non veniva tenuta in considerazione: non è stata un’esperienza piacevole.

E invece tornando al presente, segui ancora l’Hellas Verona e cosa ne pensi di questa momento d’euforia per la promozione?

Non frequento molto lo stadio, ma seguo il Verona. Sono contento per la promozione anche se mi piacerebbe che i calciatori che hanno scritto pagine importanti della storia recente del club venissero coinvolti dalla società per non rompere quel legame tra città e squadra che qui è importante. Guarda recentemente cosa ha fatto il Milan con Maldini, sarebbe bello si facesse qualcosa di simile anche qui.

Alessandro Duci, Michele Cossato, 24 giugno 2001. Dov’eri quel giorno?, QuiEdit, 2019.

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