La gioia europea della Soresinese

La storica conquista della Coppa Barassi da parte della Soresinese.

Finita la guerra, la gente tornò lentamente a vivere, a svolgere le mansioni di sempre. A lavorare, a svagarsi come poteva. Arrivò il boom economico e un benessere che lentamente, piano piano, andava a toccare sempre più persone. Anni che nelle loro contraddizioni sono stati portatori di acrobatici balzi in avanti e pulsioni che miravano a far rimanere ferme le cose. Fu in quegli anni che mosse i primi passi l’idea di un’Europa che quasi 70 anni dopo non vediamo messa in atto. In quelle decadi – post belliche – viveva forte l’idea di tornare a incontrarsi, travalicando confini che era stati fronti forieri di lutti e distruzioni. C’era voglia di fare, di muoversi, di viaggiare nel limite delle possibilità. In qualche modo di recuperare il tempo perduto.

Così anche nello sport e il calcio non poteva fare eccezioni. Ripartirono le massime competizioni mondiali e le coppe europee. Alla storica Coppa Mitropa vennero affiancate nel 1955 la Coppa dei Campioni e la Coppa delle Fiere, nel 1960 debuttava la Coppa delle Coppe. Ma non erano le uniche: il rinnovato clima di fiducia aveva portato al moltiplicarsi di trofei transnazionali come la Coppa delle Alpi, organizzata dalla FIGC. e la controparte svizzera ASF o la Coppa dell’amicizia tra squadre dei paesi della CECA. Tra queste, sul finire della decade dei Sessanta, nel 1968 – anno di rivoluzioni – nasceva il trofeo Ottorino Barassi. La manifestazione era un omaggio all’ingegnere e segretario generale della F.I.G.C. che nel ’34 era stato tra gli organizzatori del Mondiale italiano e che nel periodo bellico aveva salvato la Coppa Rimet dalla grinfie delle truppe naziste che stazionavano a Roma. Un giorno i soldati tedeschi si presentarono a casa sua alla ricerca della preziosa coppa – argento e oro non potevano passare inosservati. Ma la minuzia teutonica si dimenticò dell’ovvio. Barassi aveva nascosto la coppa sotto il suo letto, salvandola nel modo più banale che ci fosse.

Il trofeo a lui dedicato, tuttavia, non divenne ambito quanto la Coppa Rimet ma per chi vi prendeva parte era comunque motivo di orgoglio e per il vincitore un riconoscimento di prestigio. Il Trofeo Barassi, infatti, vedeva fronteggiarsi la vincitrice della Coppa Italia Dilettanti e la rispettiva inglese. La formula era semplice: una doppia sfida che permetteva a entrambe le contendi una trasferta europea. Per una compagine dilettantistica un evento più unico che raro.

Alla prima edizione presero parte la quadra della STEFER (acronimo di “Società delle Tramvie E Ferrovie Elettriche di Roma) Roma e il Leytonstone il doppio confronto si concluse con due pareggio. 1-1 in terra britannica, 2-2 a Roma. Il trofeo fu quindi assegnato ex-aequo. Nelle edizioni successive il predominio delle squadre d’oltremanica fu schiacciante. North Shields, Enfield, Skelmersdale United, Hendon, Walton & Hersham e Staines Town fecero loro il trofeo lasciando agli italiani soltanto l’onore delle armi. Gli inglesi erano più forti fisicamente e tecnicamente più preparati ed erano abituati a giocare a un livello superiore. Pur essendo dilettanti i loro valore era vicino alla nostra Serie C.

Il filotto delle vittorie inglesi aveva portato il trofeo alla sua ottava edizione – nel 1974 non si era giocato – e all’anno 1976 quando per l’Italia era chiamata in causa la Soresinese, provincia di Cremona, mentre dalla parte di Albione il Tilbury F.C., espressione dell’omonima cittadina situata lungo il Tamigi, nella regione dell’Essex. La doppia sfida era fissata: il 5 ottobre in Inghilterra, il 4 novembre al comunale di Soresina. La troupe cremonese, guidata in panchina da mister Cantone, arrivò in Inghilterra giusto il giorno prima, il minino indispensabile per una trasferta non certo low-cost. Nonostante ciò la squadra non era sola: insieme allo staff e ai giocatori c’era anche una piccola coda di supporter pronta a sfidare a colpi di cori l’attitudine del tifo locale.

Il capitano della Soresinese Canevari ritira la Coppa Italia dopo la finale vinta con la Stezzanese allo Stadio Olimpico di Roma.

Il campo del Tilbury era un fazzoletto verde circondato dalla più tipica delle staccionate basse e la sera del match anche il meteo aveva pensato di metterci la sua contribuendo a restituire il classico clima britannico. Il tutto spingeva l’ago del pronostico verso i padroni di casa che sembravo a loro agio e perfettamente parte del paesaggio. I rossoblù di Soresina invece mostravano di aver ancora sulle gambe la vittoria sul Fiorenzuola di due giorni prima e soprattutto il lungo viaggio. A questo si aggiungeva la presenza nel Tilbury del talento dell’attaccante Mitchell e la tipica fisicità delle squadre britanniche. Ne uscì una partita a senso unico. Il Tilbury attaccava a pieno organico, la Soresinese si difendeva con il più italiano dei catenacci. I rossoblù erano scesi in capo con un canonico 4-4-2 che prevedeva Caccialanza in porta, Degani e Ferrari terzini, Fusari e Borsotti al centro della difesa, Toscani, Olivetti, Villa e Ghisetti a centrocampo, in attacco Franco Nicolini e Micheli. Ma bastarono poche minuti perché il 4-4-2 si tramutasse in un prudentissimo 4-5-1: Micheli, il più possente tra i suoi, retrocesse davanti alla difesa formando una linea di tre stopper. Messe così le cose più che a una partita la Soresinese si prestava a mettere in atto un’operazione di resistenza d’altri tempi. Le barricate sembravano muri di paglia eretti contro una burrasca gelida che spirava da Nord, ma quando nessuno se l’aspettava i barricaderi si trasformarono in arditi. I giocatori rossoblù si rivelarono abili nel ripartire andando senza timore verso la fetta di campo avversaria. Così i primi a smuovere il tabellone del risultato furono proprio loro. Degani scattò sull’out laterale chiudendo la sua sortita con un preciso cross che trovò la testa del compagno Villa che non ebbe il tempo di pensarci troppo su. Inzuccata secca e gol. La Soresinese era in vantaggio in casa degli inglesi. Ma fu un ebbrezza che durò lo spazio di una furiosa mischia e il punto del pareggio del Tilbury. Di lì in poi fu di nuovo trincea ma stavolta nulla cambiò. I rossoblù si imbarcarono per far ritorno al Paese con un 1-1 che faceva lievitare l’orgoglio e lasciava accesa più di una speranza per il ritorno. Ad ogni modo, comunque fosse finita sarebbe stata una festa.

E così – a un festeggiamento – si stava preparano Soresina, un paese che grazie alla sua squadra di calcio stava scrivendo qualche riga nella narrazione del calcio europeo. La partita di ritorno era prevista per il 4 novembre al Comunale ma in paese i preparativi iniziarono giorni prima e nulla venne tralasciato. La comunità si strinse attorno al piccolo impianto cittadino, ognuno diede una mano in base alle sue possibilità. Ci fu chi si occupò di scavare canalette per il drenaggio dell’acqua – quello del ‘76 fu un autunno piovosissimo -, chi di ritinteggiare i cancelli d’ingresso dello stadio e di mettere in ordine qualsiasi cosa fosse in quel rettangolo verde. I tifosi si occuparono di disegnare nuovi striscioni e fabbricare nuove bandiere. Il giorno prima della partita il Comunale era una bomboniera. Il campo tirato a lucido e le bandiere rossoblù sistemate intorno ad esso; ai lati della tribuna furono srotolati stendardi con i colori sociali, mentre all’ingresso dello stadio vennero incrociate le bandiere dei due paesi. Ci sarebbe stata la banda a suonare gli inni prima della partita e in tribuna d’onore era previsto Artemio Franchi presidente delle FIGC.

Purtroppo però ancora una volta tutti gli sforzi dei soresinesi vennero spazzati via senza pietà da un forte temporale che si abbatté sulla città la notte prima dell’incontro. L’indomani il Comunale appariva irriconoscibile: una maschera malinconica rugata dai residui di trucco liquefatto. E dal cielo continuava a scendere un’insistente pioggia che aveva reso il campo un acquitrino e aveva costretto la banda a suonare gli inni riparata dalla tettoia degli spogliatoi. Nella piccola tribuna insieme alle autorità e ad Artemio Franchi si ammassarono quanti più potevano, il resto si era disposto lungo il campo, a proteggersi dall’iradiddio solo l’ombrello. Le due squadre dal canto loro ripresero la disputa da dove l’avevano lasciata anche se gli inglesi sembravano da subito meno in giornata e pure loro sorpresi dalla pesantezza del terreno.

Tra le fila dei padroni di casa invece c’era una grossa novità: per l’occasione, sfruttando la regola del torneo, il presidente aveva richiamato alla Soresinese l’attaccante Nico II°. Un idolo in paese per via dei gol segnati a grappoli con la maglia rossoblù, anche in quell’occasione osannato con cori e applausi. Così sembrava scritto che toccasse a lui fare i conti con la storia e sbloccare il risultato. Un tiro preciso da fuori area non lasciò scampo al portiere inglese. In quel momento la Soresina aveva le mani sul trofeo, ma si doveva giocare ancora. C’era da finire al prima frazione e da resistere ancora per 45 minuti a meno che il Tilbury non segnasse. Così purtroppo avvenne: quando il novantesimo iniziava a fare capolino tra le nubi dense, su l’ennesima mischia – come all’andata –, gli inglesi pareggiarono. Sconsolato il portiere di casa, Mario Caccialanza, non poté fare altro che raccogliere la sfera nella sua porta sentendosi sulle spalle il peso di un sogno crollato. Non sapeva ancora che sarebbe stato lui a tirar fuori da quelle macerie la Soresinese. I tempi regolamentari si conclusero e così anche i due tempi supplementari senza che nessuna delle due formazioni riuscisse a smuovere il risultato. La Coppa Barassi si sarebbe decisa ai rigori e fu qui che per Caccialanza iniziò una nuova partita. Il portiere parò il primo penalty inglese dando un nuovo vantaggio ai rossoblù, poi si prese lo sfizio di calciare, segnando, un rigore prima di esibirsi nella parata decisiva. Sul dischetto si era presentato la stella del Tilbury, Mitchell, ma il suo tiro non fu dei più irresistibili così Caccialanza poté parare a terra stendendosi sul fango. Un attimo dopo il numero uno era sommerso dall’abbraccio dei suoi compagni di squadra stravolti dalla fatica ma ebbri di felicità.

Era l’ultimo atto di una sfida infinita che decretava la vittoria alla Soresinese. Dalla tribuna d’onore Artemio Franchi consegno la coppa al capitano Degani che poté alzare al cielo la Coppa Barassi il primo trofeo internazionale della Soresinese che sotto un cielo plumbeo divenne così la prima squadra italiana a conquistare il trofeo.

Artemio Franchi mentre consegna la Coppa Barassi a Degani.

Per la stesura di questo articolo si ringrazia Maurizio Zanibelli per la disponibilità e la preziosa documentazione fornita.

Altre fonti consultate:
– Vincenzo Lacerenza, La Coppa Ottorino Barassi, “L’altro calcio”, 27 ottobre 2014, http://laltrocalcio.blogspot.com/2014/10/la-coppa-ottorino-barassi.html
La storia della Coppa Ottorino Barassi, “London Football”, 16 ottobre 2013, http://londonfootball.altervista.org/blog/la-storia-della-coppa-ottorino-barassi/

Le foto sono prese da http://www.soresinesecalcio.com.

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