C’era una volta il Brescello e Corrado Oldoni che provava le scarpe per il Fenomeno

Oggi Nike è un colosso nel mondo del calcio: il suo iconico baffo compare sulle divise di squadre di prestigio e sugli scarpini di campionissimi del calibro di Cristiano Ronaldo e Kylian Mbappé facendo conoscere il Brand in ogni angolo del pianeta. Ma negli anni Novanta – specialmente come sponsor tecnico di squadra – la supremazia del marchio statunitense è ancora tutta da conquistare, soprattutto in Italia. A metà decennio, infatti, l’unica squadra ad avere sul petto lo Swoosh è la Nazionale di Arrigo Sacchi; tra i club più titolati di Serie A invece latita.

Qualcosa però si sta muovendo: lontano dai ritmi caotici delle grandi città, in provincia, in un paesetto che sta vivendo il suo eden calcistico e un ritorno alla notorietà dopo averla raggiunta sui set dei film di Don Camillo. Si tratta di Brescello e della sua squadra capace di raggiungere la C1 e lì rimanervi senza sfigurare: un puntino gialloblu a pochi chilometri da Reggio Emilia dove c’è la sede italiana di Nike. E proprio sfruttando questa vicinanza, nell’estate del 1996, il colosso sportivo americano decide di sponsorizzare la squadra di Don Camillo e Peppone, che diventa così il primo club italiano a vestire Nike. È una scelta strategia che permette ai tecnici del Brand statunitense di avere una squadra su cui sperimentare nuovi prodotti e soluzioni tecniche, al riparo dai riflettori del grande calcio. Così, la piccola realtà emiliana e i suoi atleti diventano i modelli su cui testare i nuovi prodotti della linea dedicata al calcio. Tra questi, ci sono anche un paio di scarpini speciali che nel marzo del 1997 la Nike sta preparando per il suo testimonial più rappresentativo e, in quel momento, l’attaccante più forte del mondo: Ronaldo Luís Nazário de Lima. A poco più di un anno si sarebbero giocati i Mondiali di Francia e l’asso brasiliano avrebbe dovuto presentarsi al top sia dal punto di vista fisico che tecnico. Non si scherza su queste cose: così il Brand di Beaverton si muove in anticipo realizzando le Mercurial Vapor R9 e dandone un paio da provare al centrocampista del Brescello Corrado Oldoni, che dalla sua ha lo stesso numero di scarpe del Fenomeno e un stazza simile. Una scelta dettata da questioni pratiche ma che sembra comunque sposare in pieno lo spirito che anima gli spot di Nike. Oldoni, infatti, non è un giocatore qualsiasi: è un elemento imprescindibile della formazione dei gialloblu che grazie alle sue giocate in campo e al suo look si è guadagnato il soprannome di “Codino della Bassa” con evidente rimando a Roberto Baggio. Chi altro poteva battezzare le future scarpe del Fenomeno se non un giocatore iconico come lui? Fatto sta che con le Mercurial Vapor R9 ai piedi Oldoni gioca nei campi della C; sogna di poter un giorno scambiare un fraseggio con il campione brasiliano ma si accontenta che la sua consulenza sia utile a Nike per realizzare le migliori scarpe di sempre.

Nel frattempo, nell’estate successiva, Ronaldo sbarca in Italia, facendosi subito amare dal popolo nerazzurro a suon di gol e giocate che lanciano i neroazzurri in testa alla classifica. Passano i giorni e con loro anche i mesi e dall’altro lato della storia prosegue il lavoro di Nike e Oldoni: ci sono migliorie e aggiustamenti da fare ma finalmente le scarpe per il Fenomeno sono pronte. Il debutto è previsto l’8 marzo 1998, in occasione della partita valevole per la 24^ giornata di campionato tra Parma e Inter nonché vigilia del novantesimo compleanno del club neroazzurro. Sarà un anniversario rovinato. La squadra di Gigi Simoni è costretta a tornare a Milano senza alcun punto in carniere. Fatale è un episodio che avviene al 21’ del secondo tempo quando un anticipo in area su Ronaldo da parte del terzino parmense Ze Maria viene giudicato falloso e punito dall’arbitro con un calcio di rigore per gli ospiti. Sembra una decisione quantomeno dubbia, ma in epoca pre VAR non esistono moviole riparatrici, così sul dischetto si presenta Ronaldo, “Il Fenomeno”. Il numero 10 interista è di fronte al giovane portiere parmense Buffon, ha la sua solita divisa a righe verticali neroazzurre ma ai piedi un nuovo paio di scarpe che qualcuno ha studiato per lui. Prende una breve distanza, poi fa partire un destro strozzato tutt’altro che irresistibile che il portiere dei crociati legge in anticipo e para allungandosi sulla sua sinistra. Il Tardini si scioglie in un boato come se i beniamini di casa avessero segnato un gol; il brasiliano rimane quasi paralizzato all’interno dell’area piccola, incredulo di aver sprecato così l’occasione della partita. L’Inter, infatti, non riesce a riprendersi e anzi subisce il gol del Parma, una decina di minuti più tardi a opera di Crespo. Il triplice fischio chiude la contesa: l’Inter torna a casa a secco, tradita dall’errore del suo uomo più rappresentativo. Quel Fenomeno che quel pomeriggio era sceso in campo con le sue scarpe più belle, le stesse che un giocatore semisconosciuto della provincia emiliana gli aveva preparato e perfezionato per mesi. Nell’economia del campionato anche quel rigore fallito peserà e contribuirà a far sfuggire ancora una volta dalle mani interiste un tricolore che sembrava a portata.

Chissà, magari nelle pieghe del destino era scritto che quel rigore non doveva tirarlo il Fenomeno ma il Codino della Bassa, anche se nella realtà dei fatti era impossibile. Ma questo discorso al destino non interessava.

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