Salvatore Bruno Foto di Claudio Villa/Getty Images Europe

98 gol in B ma soltanto tre sfortunate comparsate in A, la storia di Salvatore Bruno

Salvatore Bruno era tra gli attaccanti più prolifici della Serie B ma in A la sua vena si smarriva, non sempre per colpa sua.

La stagione 1997-98 è stata probabilmente la peggiore nella storia del Napoli. Una retrocessione arrivata senza mai essere in discussione dopo un campionato chiuso con la miseria di 14 punti, frutto di due vittorie e otto pareggi, e una staffetta che ha portato in panchina quattro tecnici diversi. Uno di questi era Giovanni Galeone, chiamato per un’impresa impossibile dopo i “regni” di Mutti e Mazzone. I risultati ovviamente non arrivarono e, nonostante gli innesti di Allegri e Asanović, gli Azzurri sprofondavano ogni domenica un po’ di più. Così all’alba del nuovo anno e di un girone di ritorno da coltello tra i denti, al tecnico napoletano non rimase altro da fare che provare a tirare fuori il classico coniglio dal cilindro. Un cappello che spesso coincide con la formazione Primavera e che anche quella volta parve confermare la regola. Per la decisiva sfida con il Brescia del 18 gennaio, Galeone, infatti, decise di dare le chiavi dell’attacco a un giovane centravanti che arrivava dalla selezione giovanile. Si trattava di un diciannovenne di Secondigliano, un ragazzo schivo e taciturno che in Primavera avevano ribattezzato Casiraghi per via di uno stile di gioco che ricordava da vicino quello del centravanti della Lazio. Si chiamava Salvatore Bruno e contro le Rondinelle sarebbe stato il vertice alto di un tridente composto da Claudio Bellucci e Igor Protti. Sotto il tunnel che porta in campo Bruno era tra i primi della fila, vicino a lui Pierluigi Collina, fuori sessantamila tifosi. Nei suoi occhi l’emozione di un esordio troppo pesante in una stagione sbagliata. Purtroppo l’intuizione di Galeone non ebbe l’esito sperato e gli Azzurri persero per tre a zero. Il ragazzo tuttavia resse la pressione del San Paolo per quasi un’ora prima di essere sostituito, intanto sugli spalti bruciavano le bandiere partenopee ed andavano in fumo le speranze di salvezza. Ma quel battesimo di fuoco, era per Bruno il necessario punto di partenza per una carriera di livello: la A sarebbe diventata abitudine e i gol pure. Erano in tanti a scommetterci: sarebbe bastato finisse quell’annata balenga e fosse sparita la timidezza.

Invece per Bruno la A rimarrà ancora un bel sogno. Dopo Napoli, infatti, si accasò in prestito alla Fermana in C1 dove mise a segno i primi gol, arriveranno le attenzioni del Chievo che ne acquistò il cartellino e soprattutto l’esplosione con l’Ascoli. 25 gol in due stagioni a inizio Millennio che gli valsero la chiamata dell’Ancona – ancora in prestito – e soprattutto il ritorno in Serie A. Stavolta Bruno non aveva più la faccia spaesata del ragazzino e alla porta aveva imparato a dare del tutto, ma incappò nuovamente in una delle peggiori squadre di Serie A di sempre (i marchegiani retrocessero con 12 punti, facendo peggio anche del Napoli 97-98). I biancorossi, versione 2003-2004, erano un ibrido informe a metà tra un porto di mare e un cimitero per elefanti – in rosa, tanto per fare qualche nome c’erano Hübner e Ganz, ormai a fine carriera, e nel corso della stagione arrivò pure Jardel -; in questo contesto l’attaccante napoletano non potè fare molto per mettersi in mostra.

A gennaio del 2004 Bruno era di nuovo in B con la maglia del Bari. In cadetteria il Casiraghi di Secondigliano trovò ben presto minuti e gol, tanto da segnalarsi come uno dei migliori centravanti della categoria. Dopo la parentesi barese e le esperienze con Catania e Torino, arrivarono tredici gol con la maglia del Brescia e il ritorno al Chievo, proprietario del cartellino. Bruno si ritrovò così ancora una volta in Serie A. Questa volta la sua compagine sembrava decisamente meno scalcagnata delle precedenti, anzi, il Chievo di Bepi Pillon si era guadagnato la possibilità di giocarsi i preliminari di Champions. Purtroppo però il Levski Sofia si mise di traverso, interrompendo sul nascere il sogno di gloria dei clivensi che furono costretti ad accontentarsi del primo turno di Coppa Uefa e dei portoghesi del Braga. Un palcoscenico anche per le seconde linee come Bruno che, proprio in Portogallo, debuttò dal primo minuto come partner d’attacco di Denis Godeas. Finirà 2-0 per il Braga, un risultato che costerà caro al Chievo, visto che nella gara di ritorno si fermerà soltanto sul 2-1 dopo i tempi supplementari. Anche in quell’occasione Bruno partì dall’inizio anche se non incise come ci si aspettava. Le cose in campionato intanto si mettevano inaspettatamente male, il giocattolo di Pillon, che aveva impressionato la stagione precedente, sembrava aver smesso di funzionare. I “Mussi volanti” anziché librarsi in cielo stavano precipitando verso il fondo della classifica. Con le debite proporzioni Bruno stava rivivendo per la terza volta l’anno più disgraziato della storia del club per cui giocava. Dopo Napoli e Ancona la storia si ripeteva. Ancora scampoli di partite in campionato e il saluto alla Serie A; questa volta sarà un addio definitivo.

A gennaio 2007 Bruno passò al Modena in B, categoria in cui militò per altre sette stagioni vestendo anche le casacche di Sassuolo e Juve Stabia ma soprattutto raggiungendo il bottino di 98 reti. Un traguardo che lo porta a essere al ventesimo posto nella classifica perpetua dei marcatori della Serie B. L’ultimo gol in B lo segnò con la maglia della Juve Stabia alla Ternana, il 24 aprile 2013. Ci fu poi il breve ritorno a Modena e una nuova carriera in C, culminata con la conquista del titolo di capocannoniere del campionato e della Coppa Italia di C con il Real Vicenza e l’abbonamento alla doppia cifra. Dal 2018 Bruno gioca tra i Dilettanti e quest’anno, a 41 anni, ha iniziato una nuova avventura con l’Agazzanese in Eccellenza. Rimane ancora legato a quel pallone che da Secondigliano lo ha portato a segnare quasi ovunque in giro per l’Italia, un pallone che non gli ha dato la ribalta in Serie A ma che gli ha riservato l’onore di debuttare, poco più che maggiorenne, davanti a sessantamila spettatori nello stadio più importante della sua città.

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